I fan di Alberto Angela in queste ore sono rimasti sorpresi dall’improvviso addio del conduttore: cosa sta succedendo.
Ci troviamo in un momento storico di transizione, in cui i mezzi di comunicazione di massa tradizionali si devono abituare alla concorrenza di social e canali web, modificando in parte la loro struttura per abbracciare un pubblico più ampio possibile e catturare l’interesse dei giovani per non rischiare di dover chiudere i battenti tra qualche anno.
In un simile scenario c’è sempre più spazio per programmi di intrattenimento che possano risultare leggeri, ma soprattutto che possano risultare “memabili”, ovvero che possano offrire spunti alle community online per generare meme e discussioni a riguardo. Il contesto dunque spinge a trovare delle trasmissioni che possano essere ricche di highlights, momenti che possano essere ricordati perché divertenti, sconvolgenti o risibili.
Tutto ciò riporta alla memoria alcune opere distopiche come ‘Black Mirror’ o ‘Idiocracy’, opere di finzione che mettevano in scena i timori degli autori sul futuro della società, che mostravano possibili evoluzioni future in cui c’era sempre meno spazio sia per la cultura che per l’informazione e dunque per la crescita culturale e critica degli spettatori (e di conseguenza di tutte le persone che fruiscono solo di determinati contenuti).
Non c’è dunque più spazio per la cultura? Siamo giunti ad un punto di non ritorno che si vedeva già a partire dagli anni ’80 e che oggi è divenuto realtà? Per fortuna la realtà è sempre meno drammatica ed estrema delle paure ed è importante sottolineare come ci siano anche sul web e sui tanto vituperati social dei tentativi di fare informazione e veicolare cultura.
Ma in televisione c’è ancora spazio per questo? Il problema è che come in tutti i contesti commerciali, anche in tv si è schiavi degli ascolti e dei risultati, il che porta le tv private a preferire reality e programmi di intrattenimento a programmi culturali e d’informazione. In un simile contesto che spazio può trovare un personaggio, sebbene importante e amato, come Alberto Angela?
La domanda sorge spontanea nel momento in cui la Rai, che è la tv di Stato ed in quanto tale dovrebbe puntare più all’educazione del pubblico che ai risultati commerciali, decide di cancellare la messa in onda di Noos – ultimo programma di Alberto Angela – perché i risultati degli ascolti erano troppo bassi.
Della cancellazione ha parlato anche un lettore di Nuovo Tv all’interno della rubrica di Alessandro Cecchi Paone, sottolineando come nella Rai odierna lo spazio per la cultura sia sempre minore. Della considerazione (giusta) del lettore approfitta il curatore della rubrica che nella risposta al lettore scrive: “Ciò che non avrebbero mai osato pensare con Piero Angela lo hanno fatto al figlio Alberto”.
Cecchi Paone sottolinea come il pagamento del canone serva proprio a finanziare programmi di divulgazione e dunque che i dirigenti potevano evitare di spostare il programma, quindi evidenzia il fatto che nell’epoca attuale la televisione è l’unico strumento di informazione e divulgazione culturale per molte persone, visto che tantissimi non leggono, non vanno a teatro né al cinema.
La scelta, tuttavia, può essere considerata da due punti di vista. Il primo è puramente commerciale, quello secondo cui la Rai avrebbe sospeso il programma per pura ragione di profitto. Il secondo è strategico, ovvero considerare come lo spostamento non ha avuto solo finalità commerciali ma anche divulgative: se è vero che l’interesse è che ci sia più pubblico possibile per trarre maggiori profitti dalle pubblicità, è anche vero che il potere divulgativo di un programma che non viene seguito da nessuno è pari a zero.
Se è vero dunque che ci dovrebbe essere maggiore spazio dei programmi di divulgazione culturale sulla Rai, è anche vero che è meglio che abbiano spazio quando c’è un maggior numero possibile di utenti che ne possano e ne vogliano usufruire. Dunque è giusto lamentarsi dello slittamento di Noos – e più in generale della scarsità di programmi di questo tipo – ma è anche bene non drammatizzare e provare a contestualizzare.
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