Scoppia la bufera su Domenica In dopo la puntata dell’11 febbraio, durante la quale Mara Venier ha accolto i cantanti del Festival di Sanremo.
Dure critiche sono nate all’indirizzo della padrona di casa per aver stoppato Dargen D’Amico mentre affrontava il discorso del valore economico dei migranti. Mara Venier è intervenuta: “Qui è una festa, ci vorrebbe troppo tempo per affrontare determinate tematiche. Qui stiamo parlando di musica, è difficile dire in tre parole tutto questo. Sono domande che voi fate a cui bisognerebbe rispondere in modo dettagliato. Noi il tempo non ce l’abbiamo, dobbiamo far cantare tutti”.
C’è stato poi il caso Ghali che, interpellato da un giornalista, risponde alle critiche dell’ambasciatore israeliano Alon Bar per aver chiesto lo stop al genocidio sul palco dell’Ariston durante il Festival di Sanremo.
Per intenderci, l’ambasciatore aveva dichiarato: ““Ritengo vergognoso che Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile”, ha scritto Bar in una nota, sottolineando che tra le vittime e gli ostaggi degli attentati del 7 ottobre c’erano anche molti giovani: “Il Festival di Sanremo avrebbe potuto esprimere loro solidarietà. È un peccato che questo non sia accaduto”.
“Mi dispiace tanto che abbia replicato in questo modo. Ci sarebbero tante cose da dire. Per cosa dovrei usare questo palco? Io sono un musicista e ho sempre parlato di questo da quando sono bambino – ha risposto il rapper milanese, interpellato dal giornalista – Da quando ho scritto le mie prime canzoni, a 13-14 anni, parlo di quello che sta succedendo. Non è dal 7 ottobre, questa cosa va avanti da un po’. Il fatto che lui parli così non va bene. Continua questa politica del terrore e non va bene. La gente ha sempre più paura di dire stop alla guerra e stop al genocidio – ha concluso – Le persone sentono che perdono qualcosa se dicono viva la pace, non deve succedere questo. Ci sono bambini di mezzo: io da bambino sognavo e ieri sono arrivato quarto a Sanremo. Quei bambini stanno morendo, chissà quante star, quanti dottori, quanti geni ci sono tra loro”.
L’appello alla pace di Ghali non è stato l’unico arrivato da un artista dal palco di Sanremo. Lo ha fatto Eros Ramazzotti, Dargen D’Amico e anche Diodato, passando per Edoardo Leo e Giuliano Sangiorgi, fino a Mahmood.
A chiusura del programma, Mara Venier ha letto un comunicato inviato a Domenica In dall’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio: “Ho vissuto assieme all’ambasciatore Bar ed alla presidente Di Segni gli eventi che la Rai ha dedicato alla memoria della Shoah nell’ultima settimana di gennaio. E ogni giorno i nostri telegiornali e i nostro programmi raccontano la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas, oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre. La mia solidarietà al popolo di Israele e alla comunità ebraica è sentita e convinta”.
Notizie.com ha chiesto al ricercatore dell’Ispi Claudio Bertolotti cosa pensa di questa polemica. “Non dobbiamo dimenticare che la lotta nei confronti di Hamas è cominciata il 7 ottobre. Dal palco di Sanremo si è parlato della reazione israeliana ma non dell’azione terroristica”, ha risposto l’esperto.
“Innanzitutto l’ambasciatore israeliano è portavoce della linea di governo ed ha la responsabilità di indirizzare o cercare di contenere la narrazione israeliana o filo-Hamas, che anche se non è legata a quella filo-palestinese, spesso vengono associate. In questo periodo particolarmente vivace, le due cose che sono separate, spesso vengono interpretare come tutt’uno. E questo è il problema alla base di quanto avvenuto”, analizza Bertolotti.
“L’ambasciatore Bar ha usato toni molto accesi ma è comprensibile e ragionevole dal suo punto di vista. Ha il compito di porre sempre in evidenza quanto subito da Israele il 7 ottobre. Non dobbiamo dimenticare che tutto questo nasce dall’attacco di Hamas e dal palco di Sanremo invece si è parlato della reazione israeliana ma non dell’azione terroristica che ha portato ala reazione del governo Netanyahu. E se citiamo cantanti – aggiunge l’esperto – allora perché non citare anche cantanti e musicisti come quello italo-israeliano che è stato ucciso dai terroristi di Hamas durante il rave party?”.
E conclude: “È legittimo esprimere un’opinione. Ghali l’ha fatto ma deve essere informata. Non si può prendere solo un elemento di quelli che compongono questo complesso mosaico conflittuale e prenderlo come unico punto di riferimento. O si fa un discorso trasversale, bilanciato e corretto, oppure si cerca di spostare l’attenzione sul numero di vittime. Su quest’ultimo punto inoltre, non c’è conferma, perché i numeri arrivano tutti dai terroristi di Hamas. Oltretutto, rispetto a quei numeri. Israele dichiara che metà di essi sono terroristi caduti nei combattimenti. Andrebbe usata serietà e cautela nel rilanciare i dati che di fatto sono elementi di una propaganda di guerra, che ormai ha penetrato qualunque ambito”.
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