Gli attori italiani denunciano Netflix: ecco cosa chiedono alla piattaforma di streaming

Dopo anni di trattative ora si è arrivati al punto di non ritorno e gli attori e i doppiatori italiani hanno deciso di citare in tribunale la popolare azienda americana

Netflix è nata nel lontano 1997, non come piattaforma di streaming di contenuti audiovisivi. Inizialmente, infatti, la società americana si occupava di vendita di DVD per posta. Intuendo poi l’orientamento del mercato, ha iniziato nel 2007 a proporre lo streaming di film e serie TV, per espandersi gradualmente in tutto il mondo con un successo inimmaginabile.

Gli attori italiani contro Netflix – Cityrumors.it –

 

Nell’immaginario di ognuno di noi esistono delle professioni “da sogno” e certamente alcune sono meno faticose e più gratificanti di altre, nonostante questo una regola vale per tutti: il lavoro dovrebbe essere tale quando retribuito adeguatamente, a prescindere dal tipo di attività che si svolge. E’ in base a questo principio che “Artisti 7607”, la società cooperativa che tutela e gestisce i diritti di migliaia di attori e doppiatori in Italia e nel mondo, di cui fanno parte centinaia di attori e doppiatori italiani e internazionali, tra loro nomi del calibro di Neri Marcorè, Elio Germano, Michele Riondino, dopo otto anni di trattative infruttuose con il colosso dell’intrattenimento americano Netflix, è ricorsa al Tribunale civile di Roma, citandolo in giudizio per ottenere un compenso adeguato e proporzionato che spetta per legge agli artisti.

Una battaglia di giusta ricompensa

Non solo attori, in questa battaglia sono coinvolti doppiatori di film e serie Tv. “Ci assumiamo questa responsabilità”, ha spiegato Mastandrea, “perché le scelte che vengono fatte oggi riguardano tutti e avranno ripercussioni sul presente e sul futuro di tanti artisti e di tante generazioni. Anche quelle che verranno dopo di noi”. Il contendere si chiama quindi equo compenso, trasparenza dei dati, rispetto delle normative già esistenti in Europa e nel nostro Paese. Il problema denunciato dalla 7607 è relativo al fatto che le piattaforme, non solo Netflix, mirano a chiudere contratti al ribasso, senza fornire i dati, ad esempio sulla distribuzione del prodotto, imponendo le stesse cifre a tutti. In questo modo il livello delle retribuzioni per gli artisti resta basso. In questo caso, al centro del dibattito c’è quindi la mancata comunicazione da parte di Netflix dei dati necessari a una corretta valutazione dei compensi dovuti ai professionisti del settore.

La rivolta degli attori italiani – Cityrumors.it

 

Un problema comune a molti

Gli stessi attori denunciano che questo è un problema che riguarda tutti, perché lo strapotere di queste aziende rende vulnerabili e crea ulteriori ingiustizie nella distribuzione della ricchezza. La presidente Cinzia Mascoli rivendica l’operato di Artisti 7607, spiegando che “da tempo fronteggiamo prassi di mercato al ribasso ma, tenendo posizioni ferme nell’interesse di tutti, siamo riusciti ad ottenere la giusta remunerazione. Molti artisti capiscono ciò che stiamo facendo e continuano a sceglierci”. La società cooperativa, come afferma Alberto Molinari, è convinta infatti che “accettare compensi che appaiono irrisori rispetto agli immensi guadagni generati da uno sfruttamento globale esponenziale delle opere audiovisive peserebbe come un grave precedente sul futuro di tutti gli artisti”.

Netflix da parte sua risponde sostenendo di essere in regola con la legge e di avere raggiunto un accordo con Nuovo Imaie (Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori) su questo tema.  Ma la cooperativa 7607 lamenta il comportamento di Nuovo Imaie che ha accettato delle cifre a loro giudizio insufficienti.  Ritengono infatti che dovrebbero essere gli stessi iscritti del Nuovo Imaie a pretendere risposte dai dirigenti sul modo e sul perché abbiano accettato tali cifre “irrisorie”. La 7607 dichiara inoltre di non chiedere “leggi nuove, ma soltanto di fare rispettare quelle che già esistono e che spesso da queste grandi società vengono evase”.

Gestione cookie