Era il gennaio del 1974 quando nelle tv degli Stati Uniti iniziò la saga della famiglia Cunningham e dei suoi amici, che raccontavano il sogno americano a cavallo tra gli anni 50 e 60
La serie tv Happy Days è stata una vera e propria finestra aperta su un’epoca d’oro in America, e ha offerto uno sguardo curioso e spesso comico del sogno americano degli anni ’50 e ’60, quello che ha influenzato intere generazioni anche al di qua dell’Atlantico. E’ andata in onda ininterrottamente dal 1974 al 1984, lanciando alcuni dei suoi protagonisti diventati poi icone del cinema mondiale.
In Italia arrivò con tre anni di ritardo, quando negli Usa era già un consolidato fenomeno televisivo e di costume. Il primo episodio della fortunata sit com andò in onda negli Stati Uniti il 14 gennaio del 1974, ma i telespettatori italiani la videro per la prima volta l’8 dicembre del 1977, nella fascia di Rai1 dedicata ai brevi telefilm, prima del Tg serale. La saga durò dieci anni e 11 stagioni: si concluse (nel 1984 negli Usa e nel 1987 in Italia) dopo 255 episodi, sempre trasmessi dall’emittente di Stato.
Un fenomeno sociale
Dieci anni per affermarsi nell’immaginario di tanti giovani, grazie a protagonisti che entrarono con discrezione e grazia nelle case dei telespettatori, per venti minuti o poco più ogni giorno. Il preserale di un’intera generazione è stato scandito da questo telefilm che per la prima volta è riuscito a tenere incollati davanti ai televisori i giovani di allora. Un mondo, quello americano, visto come un sogno lontano, quando soltanto qualche pellicola cinematografica era riuscita a mostrarci qualcosa di quella realtà oltreoceano che qualcuno conosceva dai racconti di qualche parente emigrato in cerca di fortuna. Invece all’improvviso la serie Happy Days entrò nelle nostre case e con essa la gioia di essere trasportati in un’epoca di jukebox, di auto d’epoca e abiti sgargianti, capaci di alimentare un sentimento di nostalgia e affetto anche per coloro che non avevano mai vissuto in quegli anni. Happy days fu una palestra dalla quale uscirono protagonisti assoluti del mondo del cinema e della televisione. Richie Cunningham, l’imbranato figlio di Howard e Marion, interpretato (sino alla settima stagione) da un giovanissimo attore, Ron Howard, che poi divenne uno dei più affermati registi di Hollywood, Arthur Herbert “Fonzie” Fonzarelli proseguì una discreta carriera di attore, ma nella sit com si affacciarono star assolute come Robin Williams (prima comparsa nei panni dell’alieno Mork) o come Tom Hanks.
Una famiglia felice
Ma l’ingrediente del successo planetario di Happy Days, la sua grande forza, fu forse quel senso di leggerezza, quel clima da “giorni felici” che veniva fuori dalle avventure quotidiane di una famiglia borghese americana, negli anni ‘50 e ‘60 dalle parti di Milwaukee, nel Wisconsin.
Una famiglia da telefilm, appunto, con Howard (Tom Bosley) proprietario di un negozio di ferramenta, sua moglie Marion (Marion Ross), casalinga, e dai figli Richard detto “Richie” e Joanie (Erin Moran), infine con Charles detto “Chuck (presenza sporadica nella serie), pseudo fidanzato di Joanie. Intorno alla famiglia Cunningham ruotavano personaggi diventati di culto in quegli anni. Su tutti Fonzie, italoamericano perennemente in jeans, maglietta bianca e giubbotto in pelle nera, di poche e parole pronunciate come sentenze, il cui gesto tipico erano i pollici alzati accompagnati dall’espressione “Ehi!”. E poi Potsie (interpretato da Anson Williams) e Ralph Malph (Don Most) amici inseparabili di Richie Cunningham.