Maria, il film sulla vita e le opere di Maria Callas è arrivato in Italia. L’opera di Larrain nasconde, però, alcune inesattezze.
Maria è una scoperta costante di un’icona senza tempo. Questo è il cinema che piace mettere in atto a Larrain. Il regista, ormai, è specializzato nei biopic, ma il suo segreto è rendere attuali storie conosciute. Maria Callas – così come il talento che ha contraddistinto la carriera dell’artista – è nota a tutti.
Nell’opera Maria, però, c’è una grande e fondamentale componente romanzesca che serve non ad alimentare inesattezze, ma a garantire lo scorrimento di un lungometraggio su più livelli. Il regista non ha voluto rinunciare alla componente favolistica di una vita con tante luci, ma anche con altrettante ombre.
Maria Callas è totalizzante, esattamente come lo sono state le storie di Diana Spencer e Jackie Kennedy. Tutte rese lungometraggio dall’occhio curioso e pieno di pathos di Larrain, il quale non si accontenta di raccontare: vuole far rivivere un’icona. L’operazione, con Angelina Jolie nei panni dell’artista, è perfettamente riuscita.
L’opera cinematografica, tuttavia, nasconde alcune inesattezze storiche. Capire quali sono aiuta nella resa e nella concezione di questo film che resta ugualmente un’avanguardia per quel che concerne il concetto di biopic. Non è solo documentario, ma alimenta la versione più pura e diretta del cinema di genere.
Veniamo, dunque, alla prima rivisitazione che riguarda il rapporto della Callas con i domestici: Ferruccio e Bruna sono realmente esistiti e, nell’opera, hanno le fattezze di Alba Rohrwacher (protagonista anche nell’ultimo capitolo de “L’amica geniale) e Pierfrancesco Favino. Il regista di Maria preme sulla consapevolezza dell’artista di voler lasciare metà del proprio patrimonio alle maestranze che l’hanno accompagnata per una vita.
La realtà dei fatti è leggermente diversa e la racconta Franco Zeffirelli, amico della Callas, in una intervista al TG5. Maria Callas avrebbe dato mandato all’ex marito di lasciare a Ferruccio e Bruna una cifra pari a 12 milioni di euro. A oggi, tuttavia, non è dato sapere se l’abbia fatto davvero.
Resta un grande punto interrogativo, risolto da Larrain con la soluzione più facile. La seconda incertezza storica riguarda le performance di Maria Callas durante l’occupazione nazista in Grecia: frammento di vita che la Jolie anima all’interno dell’opera nel corso di un flashback. La realtà dei fatti è che Callas ha sì cantato per i nazisti, ma su pretesa della mamma.
La donna, infatti, pensò bene di usare il talento della figlia per evitare qualche sofferenza in quel periodo difficile. Questo, però, fu per la Callas motivo di scontro in età adulta. Altro snodo cruciale della vita di Maria Callas, in merito al proprio successo, è il rapporto che quest’ultima avrebbe avuto con Marilyn Monroe: nel film viene decantata cordialità e stima reciproca.
In realtà fra le due donne non correva buon sangue. Si sono conosciute durante il compleanno di Kennedy, ma le biografie raccontano di una Callas profondamente a disagio e ansiosa di andarsene. Lo stesso vale per il rapporto con l’ex Presidente degli Stati Uniti: l’incontro ravvicinato – che si vede nel film – fra i due non è mai avvenuto. Si tratta di un gancio usato dal regista e gli sceneggiatori per raccontare il matrimonio tra Jackie e Onassis. Avvenuto proprio dopo l’omicidio di Kennedy.
Restando in tema di relazioni, l’amore tra Callas e Onassis è molto dettagliato nell’opera di Larrain. Il regista, tuttavia, non indugia sul fatto che entrambi continuarono a vedersi anche dopo il 1968. Quando l’uomo sposò Jackie Kennedy. Non ci sono certezze circa questa necessità di portare avanti una relazione extraconiugale, ma i biografi assicurano che Callas e Onassis non si lasciarono mai definitivamente.
Il loro fu un grande amore. Un altro espediente usato dal regista per dare corpo e pathos al girato riguarda la figura di Mandrax. Personaggio interpretato da Kodi Smit-McPhee. Il ragazzo, documentarista che segue la Callas in ogni dove, nella realtà non è mai esistito. È stato usato come collante per intrecciare le parti più importanti della sceneggiatura: l’obiettivo era far collimare il tempo della storia con il tempo del racconto.
Il nome del cronista, nello specifico, è ispirato a un farmaco. Altrimenti noto come Metaqualone. Proprio per far capire ai più attenti che si tratta di un artificio, una allucinazione. La stessa che mette in opera il regista quando, raccontando la morte della Callas, parla di insufficienza cardiaca data anche dall’abuso di determinati farmaci.
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In realtà le biografie hanno determinato come Maria Callas sia morta in seguito alla Sclerosi Multipla. Non solo: la cantante ha dovuto combattere anche con la perdita della voce. Nel film Larrain non spiega le cause di questo incidente, preferendo soprassedere. In definitiva l’opera è un affresco avvincente dove il regista per scelta ha preferito indugiare sulle luci, piuttosto che dedicarsi alle ombre. Sebbene anche le porzioni di oscurità abbiano contribuito ad alimentare il mito di Maria Callas.
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