Marracash torna con il suo settimo album È finita la pace, un progetto che nasce dopo un momento di riflessione e anche di difficoltà personale. Dalla pubblicazione a sorpresa del disco ai dettagli del suo attesissimo tour negli stadi in programma in estate
Un regalo di Natale. Sorprendendo il suo pubblico e anticipando i tempi, Marracash ha annunciato la pubblicazione di È finita la pace, il suo settimo album in studio, pubblicato venerdì scorso.
Il nuovo lavoro di Marracash chiude la trilogia iniziata con Persona (2019) e proseguita poi con Noi, loro, gli altri (2021) e rappresenta un punto di svolta per il king del rap italiano.
Il nuovo album contiene tredici tracce che spaziano tra temi personali e sociali, accompagnate da una produzione molto curata e innovativa. Si parla di settimo disco… in realtà sarebbe l’ottavo considerando anche Santeria, pubblicato insieme a Guè. Ma questo disco, uscito senza essere anticipato da alcuna promozione alle 7.00 del mattino di venerdì scorso, è senza dubbio un capitolo molto importante nel percorso artistico del rapper della Barona.
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Brani che traggono ispirazione da temi molto attuali su uno sfondo inquietante che non può lasciare tranquilli. La disillusione intorno alle nuove economie, una critica sottile ai social e all’ipocrisia latente delle proiezioni digitali ma anche alcune riflessioni più forti che arrivano da un periodo di crisi importante che ha dato il suo contributo alla stesura di testi impegnati e impegnativi.
Il concetto di resa dei conti a Marracash piace molto: “Credo sia il disco più personale della mia carriera. Ho voluto fare tutto di testa mia, senza protezioni. Niente featuring, niente autori o aiuti, niente interferenze esterne. C’erano cose che dovevo dire e non potevo spiegarle diversamente da come le ho scritte. Non avrei mai potuto pubblicare qualcosa di più personale”.
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Un disco che arriva non solo da riflessioni ma anche da qualche sofferenza: “È finita la pace significa che il processo che ho elaborato a me stesso è arrivato al suo compimento. In realtà dico cose che fanno capire che forse la pace è finita anche per altri, il senso di sfida di questo disco è molto alto. E a giudicare da quello che ci circonda direi che la pace è finita in senso meno figurato e più diretto. Troppa tensione globale”.
Un album che arriva da un periodo di analisi e introspezione: “Questo è un disco impegnato, un lavoro in cui ho voluto alzare l’asticella. Oggi c’è una grande ansia di apparire e di essere presenti ovunque. Forse ho imparato a gestirla a concentrarmi sulle cose davvero importanti. E per questo disco mi sono focalizzato solo ed esclusivamente sulla musica e sui miei testi”.
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E dire che i mesi che hanno preceduto la genesi di questo disco sono stati problematici: “Un anno e mezzo fa sono stato male. Esaurimento nervoso. Per fortuna senza crisi depressive. Ma avevo dato tutto. Ho chiuso con i sonniferi che prendevo da tempo. Mi sono disintossicato e ho usato le mie canzoni come un processo di autoterapia. Diciamo che la musica è la cura che mi aiuta a scavare le mie insicurezze”.
L’album affronta anche temi politici, come dimostra un brano dedicato alla situazione di Gaza e un altro che critica in modo molto diretto l’attuale Governo italiano: “Giorgia Meloni è al potere e quindi è al centro delle critiche. In questo disco la premier non poteva non essere uno dei punti di riferimento della critica, ma avrei potuto fare lo stesso con la sinistra. Sono facce della stessa medaglia. I partiti si mettono al centro e polarizzano tutto e tutti. Alla gente tocca subire…”
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La tensione che traspare da molti testi è perfettamente rappresentata dalla violenza gratuita che esplode il venerdì e il sabato sera tra i giovanissimi, ma anche da episodi di cronaca. Come l’omicidio di Brian Thompson, l’amministratore delegato della UnitedHealthcare a opera di Luigi Mangione. Scheggia impazzita? Forse no… “Viviamo in un’epoca di ansia e giudizi continui. Molti giovani non riescono a scegliere, perché il timore di sbagliare li paralizza. Il sistema sta creando un cortocircuito che li porta a sentirsi persi. A spaventare non è tanto l’episodio, quando la reazione che ha scatenato. Il tappo sta per saltare…”.
C’è spazio anche per l’autocritica. In Mi sono innamorato di un AI la riflessione è sul rapporto conflittuale tra tecnologia e umanità, mentre Detox/Rehab parla di dipendenze. E Marracash conosce bene le proprie.
Il disco è anche un omaggio alle radici che hanno ispirato molto del disco. Quelle che arrivano dai cantautori. Delicatissima la citazione di Ivan Graziani campionato con uno dei suoi grandi classici, Firenze: “Amo il modo in cui il cantautore racconta la realtà. In questo mi sento un cantautore anche io…”
Oltre all’uscita dell’album, Marracash ha annunciato da tempo un tour negli stadi per l’estate 2025, segnando un traguardo storico per il rap italiano. Le date includono Bibione, Napoli, Torino, Roma e Messina, con un doppio appuntamento a San Siro il 25 e 26 giugno. Sarà un modo per continuare la clamorosa esperienza di Marrageddon, 140mila persone tra le due date di Napoli e Milano dell’estate scorsa.
Power Slap
Crash
Gli sbandati hanno perso
È finita la pace
Detox/Rehab
Soli
Mi sono innamorato di un AI
Factotum
Vittima
Troi*
Pentothal
Lei
Happy End
6 giugno – Bibione (ve) – Stadio Comunale
10 giugno – Napoli – Stadio Diego Armando Maradona
14 giugno – Torino – Stadio Olimpico Grande Torino
25-26 giugno – Milano – Stadio San Siro
30 giugno – Roma – Stadio Olimpico
5 giugno – Messina – Stadio San Filippo
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