Il bonus casalinghe si sta rivelando una delusione, sotto molti aspetti; ecco come funziona, a chi spetta e come chiederlo.
Siamo stati abituati ai bonus e agevolazioni, misure politiche inventate per aiutare i cittadini più deboli economicamente, ma non sempre questi bonus rappresentano un reale vantaggio. È il caso, tra gli altri, del bonus casalinghe, che dovremmo tra l’altro chiamare in un altro modo, perché non è riservato solamente alle donne a casa, ma anche agli uomini, e dunque ai “casalinghi”.
Questo bonus, comunque, non è un’erogazione in denaro, ma un aiuto non-finanziario volto ad incentivare l’inserimento nel mondo del lavoro. E non spetta a tutti.
Come funziona il bonus casalinghe, e perché è così complicato ottenerlo
Abbiamo detto che alle casalinghe e casalinghi che, per scelta o per vari problemi, stanno a casa a svolgere le attività domestiche non spetta un bonus in denaro, ma un aiuto per accedere più facilmente al mondo del lavoro.
Il bonus, in realtà, quello in forma di denaro, arriverà a una lista lunghissima di Enti che si occupano di formazione. In pratica, sono stati stanziati miliardi di euro che andranno a questi Enti e associazioni, che organizzeranno corsi di formazione rivolti appunto ai casalinghi e casalinghe.
Questi corsi – che sono gratuiti per i frequentanti – dovrebbero formare appunto le persone che per qualche ragione sono a casa e non riescono a trovare un lavoro. Quando si parla di casalinghi/e, dunque, ci si riferisce a chi rimane a casa e si occupa della famiglia a titolo gratuito, e non per lavoro. Fino ad oggi questa condizione era vissuta per lo più dalle donne, ma esistono anche uomini che rimangono a casa mentre il partner va a lavorare.
Invece di riconoscere questo tipo di attività come utile alla società e dunque beneficiabile di paga, si continua a pensare al casalingo/a come una figura disperata, che non ha voglia di lavorare, con scarsa istruzione magari. Al contrario di altri Paesi civili, dove invece a chi cresce i figli, si occupa della casa e magari anche degli anziani viene riconosciuta un’indennità in denaro, perché di fatto si tratta di un lavoro vero e proprio.
In Italia si preferisce spendere miliardi per organizzare corsi di dubbia qualità/utilità. Infatti basta guardare la lista dei corsi ideati per capire quanto il bonus casalinghe/i sia una iniziativa opinabile. Il soggetto interessato, ovvero chi sta a casa senza lavorare, può scegliere un corso tra quelli in lista, pubblicati sul sito www.pariopportunita.gov.it, e partecipare gratuitamente. Non servono altri requisiti, nemmeno l’ISEE.
Ma guardando alla tipologia di corsi viene davvero da riflettere. I titoli di queste offerte formative sono piuttosto “tristi”. Qualche esempio?
- “Home POWER. Percorsi di digitalizzazione per l’empowerment“;
- “CASALINGHƏ 4.0: ACQUISIRE LE COMPETENZE DIGITALI ATTRAVERSO LA FORMAZIONE”;
- “DON’T MIND THE GAP – Progetto per il contrasto al Digital Divide“;
- “DomestICT – Competenze digitali per l’ICT a uso domestico”…
… e altri ancora, che non fanno assolutamente comprendere che cosa si impara a questi corsi. Ma non è tutto, perché le rispettive aziende, Enti, società no profit e via dicendo, per offrire questa formazione hanno richiesto compensi che variano dai 100 mila ai 300 mila euro. I corsi non saranno effettuati nemmeno in presenza, perché verranno attivati esclusivamente in modalità telematica.