Esiste un bonus per i lavoratori che nasconde una possibile trappola in busta paga: attenzione al dettaglio da non sottovalutare
I bonus possono essere erogati anche in busta paga sotto forma di misure e strumenti pensati dai governi che si susseguono per abbattere la tassazione o la contribuzione previdenziale. Questo tipo di agevolazioni rivolte ai lavoratori dipendenti hanno infatti come risultato l’indiretto innalzamento dello stipendio e, dunque, buste paga più corpose anche qualora non venga concesso un aumento da parte dell’azienda.
Ma in tale contesto occorre prestare molta attenzione alle regole che determinano tali sgravi fiscali o contributivi: esiste infatti, sulla base delle leggi attuali, una sorta di trappola in busta paga che potrebbe riguardare una fetta di lavoratori. Cerchiamo dunque di capire quando il bonus in questione potrebbe avere un effetto negativo.
Per meglio comprendere ciò a cui si fa riferimento è bene partire dal principio ovvero dal tipo di ‘bonus’ proposto. Si tratta del taglio del cuneo fiscale in vigore per l’anno 2024 e che, come sottolineato dall’Inps in un’apposita comunicazione, prevede un esonero del 6 o del 7%. Nel primo caso la retribuzione imponibile (su base mensile per tredici mensilità) non dovrà superare i 2.692 euro al mese. Nel secondo invece la quota ‘limite’ al netto del rateo della tredicesima è pari a 1.923.
In sostanza il taglio è pari al 6% per redditi fino a 35mila euro con una media di circa 90 euro in più al mese e del 7% per redditi fino a 25mila euro con un aumento di 60 euro mensili. Esiste però un effetto ‘distorsivo’ della misura ed è emerso dal Rapporto dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio sulla politica di bilancio che lo scorso 19 giugno è stato presentato.
Viene cioè alterato “il profilo delle aliquote marginali effettive sul reddito da lavoro dipendente” mediante lo sconto contributivo per fasce di reddito anziché a scaglioni. Si genera così una “trappola della povertà” in prossimità delle due soglie di reddito qualora le si superi anche di un solo euro. Si determina infatti una “diminuzione dello sconto” e di conseguenza del reddito disponibile di 150 e di ben 1100 euro quando si superano i 25mila e i 35mila euro lordi. Il fenomeno potrebbe determinare, se dovesse diventare permanente, anche un disincentivo al lavoro in quanto il lavoratore non avrebbe interesse a percepire un guadagno più elevato per non rischiare di perdere il bonus in busta paga.
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