La busta paga andrebbe conservata per 5/10 anni dalla sua validità: la motivazione dietro a questa pratica è davvero importante.
Siamo nell’era della digitalizzazione; un’epoca, questa, in cui si sta diffondendo rapidamente l’archiviazione informatica di tutta la documentazione, anche di quella fiscale. Potrebbe sembrare superfluo conservare pratiche come le buste paga mensili, ma in alcuni casi si rivela davvero importante. Due motivi in particolare suggeriscono, seppur la scocciatura, di non gettarle prima di 5/10 anni.
Come sappiamo, la busta paga è un documento essenziale che il datore di lavoro fornisce al dipendente durante il pagamento della retribuzione. Questo, contiene informazioni cruciali relative al rapporto di lavoro, come il tipo di contratto, i dati del datore e del dipendente, le trattenute (previdenza, TFR, ecc.), gli assegni familiari e la retribuzione netta.
La busta paga è, dunque, in un certo senso un resoconto dell’intero rapporto di lavoro, che varia di mese in mese. Il motivo per cui andrebbero conservate è abbastanza semplice: in caso di contestazioni tra dipendente e datore di lavoro, questi fogli rimangono l’unica arma a favore del lavoratore.
L’importanza di conservare la busta paga
Quando si stipula un contratto fra dipendente e datore di lavoro, è chiaro come quest’ultimo sia tenuto a pagare il lavoratore in cambio del servizio. Tuttavia, a seguito di controversie, può capitare che questo accordo vada a mancare, tanto che il datore decida di non retribuire il dipendente.
Per evitare problemi in caso di contestazioni tra datore e dipendente, è essenziale sapere che, secondo il codice civile, le somme che costituiscono la retribuzione si prescrivono in 5 anni dal momento in cui dovevano essere corrisposte. Ci sono eccezioni, come l’indennità sostitutiva delle ferie, per la quale la prescrizione è di 10 anni.
Il periodo di 5 anni inizia dalla cessazione del rapporto di lavoro privato; nel caso del pubblico impiego, la prescrizione ha inizio dal giorno successivo al termine del rapporto. Conservare la busta paga per questo lasso di tempo diventa essenziale per dimostrare tale omissione.
Oltre a questo, la busta paga può svolgere un ruolo cruciale anche nel caso in cui il datore di lavoro non versi i contributi. In questa situazione, il documento può costituire una prova chiave per ottenere il pagamento della pensione.
Entro i primi 5 anni, i contributi non versati vengono accreditati d’ufficio. Dopo questo periodo, se il datore omette i versamenti, il lavoratore può colmare la carenza previdenziale pagando l’onere, ma deve dimostrare lo svolgimento del rapporto in quel periodo. La busta paga, spesso, è un elemento fondamentale per provare il rapporto, quindi, come detto in precedenza, è consigliabile conservarla anche oltre i 5 anni.