Il Natale è la più dolce delle feste comandate, ma quest’anno sarà salatissima (almeno sui portafogli degli italiani): ecco le stime ufficiali.
Un tempo il cenone di Natale organizzato in casa, anziché al ristorante, era sinonimo di frugalità, semplicità, risparmio. Oggi, a quanto pare, è vero il contrario. Secondo uno studio realizzato da Ismea sulla base dei dati aggiornati a settembre scorso, ci vorrà un occhio della testa per mangiare con familiari e amici sulla classica tovaglia rossa. La causa? L’inflazione, certo, ma non solo…
Partiamo da un dato significativo: i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati da gennaio a settembre 2023 del 9,2%. E questo a fronte di un carrello sempre più povero: gli italiani hanno tirato la cinghia e ridotto le quantità acquistate di quasi tutti i beni. A dirlo è, come accennato, uno studio condotto dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare a partire dai dati aggiornati a settembre dell’Osservatorio curato assieme a NielsenIQ. L’effetto della frenata dell’inflazione (+1,7% a ottobre dal 5,3% di settembre) e le politiche di calmieramento dei prezzi dei generi alimentari messe in atto dal governo non si è ancora fatto sentire.
Se il Cenone in casa diventa un lusso per pochi
Nel report in questione si parla “di un aggravio per le famiglie di oltre 7 miliardi di euro solo nei primi nove mesi del 2023 a fronte di un carrello più leggero. Se si considera anche il 2022, il maggior esborso a carico del consumatore è stimato a oltre 13 miliardi“. Basti pensare che alcuni prodotti di base come pane e sostituti (+16,8%), pasta (+10,1%), latte (+20%) e conserve di pomodoro, sono rincarati mediamente di oltre il 20% (con punte del 32% per la pasta di semola e del 29% per le conserve di pomodoro). Ed è così che la spesa per il Cenone schizza verso l’alto.
Più nel dettaglio, l’incremento maggiore è quello dell’olio extra vergine di oliva, con prezzi in vertiginosa ascesa (+30%) e una conseguente contrazione degli acquisti (-11%). A seguire troviamo uova (+17%), latte e derivati (+14,8%) e i derivati dei cereali (+13,9%). Senza dimenticare i rincari degli ortaggi freschi e trasformati (+9,4%) e delle carni (+7,6%). Più contenuta, ma pur sempre incisiva, la corsa del prezzo bevande (+5,7%).
E, ironia della sorta, il discount è il canale dove si registra il maggior incremento dei prezzi medi (ma al tempo stesso vanta la maggiore crescita del fatturato: +10,5%). Va da sé che a essere più penalizzate sono le famiglie con figli piccoli e adolescenti, costrette a adottare strategie di risparmio per far quadrare i conti a fine mese. E dire che il Natale è la festa dei bambini…