Ti mancano dei contributi necessari per l’accesso alla pensione? Ora non sarà più un problema: l’Inps ti aiuta.
I contributi, oggi, sono il fattore più importante quando si parla di pensione: incidono sia sull’importo dell’assegno previdenziale che sulla possibilità stessa di lasciare il lavoro. Se non ne hai abbastanza per la pensione, l’Inps viene in tuo soccorso.
Non esiste misure di pensionamento che non tanga conto dei contributi versati dal lavoratore. Alcune misure – come Quota 41 oppure la pensione anticipata ordinaria – non tengono contro dell’età anagrafica ma tutte le opzioni in vigore in Italia hanno un requisito contributivo da soddisfare.
Ad esempio, per accedere alla pensione di vecchiaia, devi avere non solo 67 anni ma anche almeno 20 anni di contributi o almeno 15 se rientri in una delle tre deroghe Amato. Per la pensione anticipata ordinaria, invece, devi avere almeno 42 anni e 10 mesi di contribuzione se sei un uomo oppure almeno 41 anni e 10 mesi se sei una donna.
Insomma possiamo dire che i contributi sono il fattore più importante quando parliamo di pensione. Purtroppo sono tante le persone che, pur raggiunti i 67 anni, non ne hanno abbastanza per andare in pensione o che non ne hanno abbastanza per avere una pensione d’importo adeguato. Ma ora questo non sarà più un problema perché l’Inps può venire in nostro aiuto.
Per varie ragioni una persona può avere dei “vuoti di contributi” che impediscono l’accesso alla pensione o che comportano pesanti perdite sull’assegno mensile. Grazie alla rendita vitalizia dell’Inps questo non sarà più un problema.
La rendita vitalizia consiste nel recuperare, pagandoli, periodi non coperti dalla contribuzione. Si tratta di quei periodi in cui un datore di lavoro non ha versato i contributi per il dipendente o ne ha versati meno del dovuto. Questo può inficiare la possibilità di andare in pensione e, di certo, incide negativamente sull’importo dell’assegno dell’Inps.
Grazie alla rendita vitalizia puoi recuperare anche periodi contributivi andati in prescrizione. Questa strada può essere percorsa sia dal lavoratore stesso sia dai suoi familiari dopo la morte del lavoratore. La rendita vitalizia si rivolge, però, solo ai lavoratori dipendenti, ai familiari coadiuvanti di artigiani e commercianti, ai collaboratori di coltivatori diretti e ai collaboratori iscritti alla gestione separata. Restano esclusi i lavoratori autonomi.
Chi pagherà questi contributi non versati? Possono essere pagati sia dal datore di lavoro che dal lavoratore stesso o dai suoi familiari dopo il suo decesso per avere una reversibilità più alta. Grazie alla rendita vitalizia, l’importo della pensione verrà ricalcolato e, dunque, aumenterà. Ma quanto bisogna pagare per recuperare questi contributi persi?
Dipende. Il costo varia in base al periodo in cui sarebbero dovuti essere versati. Se i periodi di contributi non versati sono antecedenti al 1996 allora si rientra nel sistema retributivo che è basato sulla “riserva matematica” : viene considerato il differenziale annuo tra pensione con e senza riscatto.
Dal 1996 in poi, invece, è entrato in vigore il sistema contributivo e, in questo caso, si applica l’aliquota contributiva sulla retribuzione degli ultimi 12 mesi precedenti la domanda di recupero dei contributi. Infine per chi versa nella gestione separata dell’Inps, si utilizza il valore medio mensile dei compensi degli ultimi 12 mesi.
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