Essere vittime di sfruttamento e mobbing sul lavoro è frequente, ma fortunatamente chi sta affrontando questa situazione in prima persona può difendersi.
Lavorare in un ambiente in cui ci si sente rispettati da colleghi e responsabili non può che essere considerato importante e può permettere a un dipendente di poter rendere al meglio. In casi simili anche un’attività che richiede responsabilità può pesare meno proprio perché si sa di essere apprezzati e magari, in alcuni casi, di poter ricevere una gratifica.
Purtroppo situazioni simili sono sempre più rare. Anzi, la crisi ha reso più diffuse le situazioni opposte, ovvero quelle in cui una persona si ritrova a dover subire sfruttamento e mobbing, entrambi tutt’altro che velati, che possono portare anche a uno stato di malessere da non sottovalutare. Diversi imprenditori sanno bene come sia possibile trovare un nuovo impiego, arrivando così ad approfittarne della necessità di non poter dare le dimissioni.
Sfruttamento e mobbing sul lavoro sono ancora frequenti
Non si può pensare di trovare una situazione paradisiaca quando si viene assunti in un’azienda, ma non si dovrebbe mai sconfinare nella situazione opposta, ovvero quella in cui il lavoratore finisce per essere vittima di sfruttamento o mobbing. Capire cosa prevede la legge in casi simili non può che essere importante per potersi tutelare ed evitare di ammalarsi quando l’ambiente diventa ingestibile (i casi simili sono purtroppo numerosi).
Molto spesso un datore di lavoro arriva a esercitare mobbing in modo subdolo, facendo leva sul suo potere, magari quando è stanco di avere una persona alle sue dipendenze ma non ha la possibilità di licenziarlo per obblighi contrattuali. Si punta così a esasperarlo sperando che possa essere lui/lei a rassegnare le dimissioni.
Nella maggior parte dei casi vengono quindi messe in atto azioni quali rimozione degli strumenti di lavoro (per esempio l’auto dell’azienda, il telefono aziendale, la carta di credito aziendale, ecc..), demansionamento, progressiva riduzione dell’operatività, sabotaggi, minacce, rimproveri anche di fronte ai colleghi e atteggiamenti severi ingiustificati.
Chi si trova a vivere in prima persona situazioni di questo tipo può difendere i suoi diritti attraverso i sindacati o associazioni di categoria per un supporto morale e alle forze dell’ordine, che avranno il compito di effettuare le opportune verifiche per capire davvero cosa sia accaduto e accertare la veridicità del racconto. Se nelle sedi specifiche dovesse essere dimostrato il mobbing, il lavoratore ha diritto a un risarcimento che dovrà essere quantificato dal giudice.
Come provare le situazioni negative
Vincere una causa per sfruttamento e mobbing non è impossibile, ma è necessario che il lavoratore che ne è oggetto dia prova di quanto accade in azienda. Ogni prova è infatti a suo carico.
È innanzitutto fondamentale dimostrare di essere stato vittima di comportamenti mobbizzanti, quali demansionamento, incapacità di svolgere le funzioni per cui è assunto e impossibilità a svolgere azioni che prima erano di sua responsabilità.
Altrettanto gravi sono ritenuti insulti e minacce, che possono essere provati attraverso registrazioni o testimonianze di colleghi che hanno assistito alla scena. Non può che essere ritenuto grave anche essere isolato, magari con uno spostamento della postazione di lavoro, così da non poter ottenere l’aiuto di nessuno.
In molti casi comportamenti simili provocano conseguenze anche sul piano fisico e psicologico, che possono essere accertate attraverso una visita medica. Basti pensare a stress, depressione e malessere generale, dimostrabili attraverso un certificato firmato dal dottore che ha eseguito il controllo. Non avere un carico probatorio sufficiente non significa comunque sempre che l’istanza possa essere rigettata, alcuni giudici sono interessati a verificare cosa accade e fanno il possibile affinché questo possa avvenire alla luce in modo limpido e trasparente.
