A volte l’INPS può richiedere indietro i soldi indietro della pensione, è bene sapere perché così da sapere come sia meglio agire.
L’INPS è l’ente che eroga le pensioni ed è in questo modo che solitamente viene riconosciuto. A volte però può accadere anche il percorso inverso, quando si presenta la necessità che sia l’utente a restituire delle somme che ha ricevuto, anche se non dovute.
Periodicamente è compito dell’Istituto effettuare i ricalcoli per capire se quanto sia stato ricvuto dai cittadini (rientrano in questo ambito anche contributi, indennità e prestazioni assistenziali o pensionistiche) sia effettivamente dovuto. Se ci si rende conto di un erro, a volte magari dovuto anche solo a una semplice disattenzione, è più che naturale dover saldare l’importo richiesto, anche se la richiesta arriva in un periodo in cui si hanno anche altre spese da sostenere e si è quindi in difficoltà.
Ma quali sono le cause che potrebbero spingere l’INPS a chiedere dei soldi ai cittadini? Le motivazioni per cui l’ente può presentare una richiesta ai pensionati sono essenzialmente di due tipi.
Questo può accadere innanzitutto a causa di prestazioni nella pensione collegate a situazioni reddituali e familiari del pensionato. Tra queste possono rientrare, ad esempio, le quattordicesime, gli assegni familiari o le integrazioni al trattamento minimo, che portano a far lievitare la cifra prevista dalla pensione ed erogate in un’unica soluzione. Attraverso la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate, l’INPS ha modo di verificare se quanto erogato sia corretto, Qualora non ci sia la necessità da parte del pensionato di effettuare la dichiarazione dei redditi, è necessario presentare all’INPS il modello RED a febbraio di ogni anno, così da eliminare ogni dubbio a riguardo.
La seconda ragione per cui l’INPS può avanzare un credito è legata invece a chi continua a lavorare pur ricevendo la pensione. Questo è possibile, ma solo entro alcuni limiti. Ci sono due misure che prevedono il divieto di cumulare redditi da lavoro con redditi da pensione, l’Ape sociale e la Quota 103, che permettono di effettuare lavoro autonomo, ma senza andare oltre a un guadagno di 5 mila euro l’anno.
Qualora l’Istituto dovesse riscontrare alcune irregolarità, è chiamato a comunicarlo con una lettera all’interessato. Se lo si ritiene necessario, è possibile opporsi all’ordine di restituzione delle somme attraverso un ricorso per via amministrativa, dove bisogna indicare gli estremi relativi all’istanza e dare una propria giustificazione dei fatti. Questa è l’occasione per dimostrare di essere in buona fede, in caso contrario infatti si potrebbe andare incontro a un’azione penale per il reato di indebita percezione di sussisti Statali o di truffa ai danni dell’ente. E’ però fondamentale muoversi entro 90 giorni da calcolare dalla data in cui si è ricevuto il provvedimento.
E’ comunque possibile chiedere di poter rateizzare l’importo attraverso una trattenuta automatica sulla pensione.
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