È in fase di analisi al Parlamento la Legge di Bilancio 2025. Al centro, tra i grandi temi, anche quello delle pensioni. Per molti sarà una batosta micidiale
Sono giorni febbricitanti, per il governo guidato da Giorgia Meloni. Dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri dello scorso 15 ottobre, la Legge di Bilancio 2025 è ora al vaglio del Parlamento. Al momento, la questione che più scalda gli animi non è tanto l’ipotesi di una riforma organica, quanto più l’entità di un aumento sui trattamenti minimi. In generale, comunque, molta attenzione è posta sul tema delle pensioni.
Per quanto riguarda la pensione minima, nel 2025 con buon probabilità si crescerà da 614,77 euro a 617,89 euro, sebbene l’obiettivo più realistico sarebbe quello di raggiungere i 620 euro al mese o addirittura i 630 euro al mese. A porre attenzione sul tema della pensione minima è soprattutto Forza Italia, mentre la Lega si sta concentrando soprattutto sul rafforzamento della previdenza complementare. Se chi prende la minima, quindi, avrà qualcosa da festeggiare, qualcun altro invece potrebbe ricevere una brutta notizia.
Al di là del tema delle minime, un’altra questione che anima molto chi sta lavorando sulla Legge di Bilancio 2025 è quella dei fondi pensione. Tutti i lavoratori che hanno iniziato a lavorare, e quindi a versare contributi, dal 1° gennaio 1996 e quindi con il sistema contributivo potranno usare l’eventuale rendita della pensione integrativa per arrivare a raggiungere la soglia minima dell’assegno sociale. Questo, infatti, è il requisito necessario per poter accedere al pensionamento con almeno 20 anni di contributi e 67 anni d’età.
Dall’altro lato, però, probabilmente non sussisterà la possibilità di far slittare automaticamente il Tfr nei fondi pensioni complementari, nonostante la speranza dei lavoratori e dei futuri pensionati fosse consistente. Fa eccezione l’esplicita opposizione del lavoratore mediante il sistema di silenzio-assenso, che prevede il trasferimento integrale del Tfr alla pensione complementare per quei lavoratori che non dichiarano di volerlo mantenere in azienda.
L’ultimo sistema di silenzio assenso fu sperimentato nel 2007, anno in cui alla pensione complementare si iscrissero molte più persone (con un aumento del 43.2% degli iscritti): si passò da poco più di 3.1 milioni di aderenti, a più di 4.5 milioni. Negli anni successivi, però, il tasso di partecipazione globale scese sotto al 30% e risalì, stabilendosi al 36.2%. Oggi, mediante il sistema di silenzio assenso e quindi con il conferimento del Tfr, il numero di aderenti è di circa 450mila persone.
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