Un nuovo studio fa scattare l’allarme in relazione all’utilizzo del paracetamolo in gravidanza: come stanno davvero le cose
La medicina è una scienza empirica e fluida, per cui ciò che veniva dato per certo può essere messo in discussione e ribaltato, oppure semplicemente ci sono nuovi elementi che possono cambiare il quadro.
È così anche per il paracetamolo e il suo utilizzo in gravidanza. Come è noto, le donne devono stare molto attente alle loro abitudini quando sono incinta: hanno un riflesso nitido su molti aspetti della vita del bambino e, se i comportamenti sbagliati sono frequenti, possono avere conseguenze cliniche importanti in età prenatale o in quelle successive. Non si fuma, non si bevono alcolici e così via, ma anche per i farmaci le indicazioni sono rigorose e non possono essere disattese.
Il punto è che il paracetamolo ha da sempre avuto largo utilizzo in gravidanza ed è considerato un farmaco sicuro nei nove mesi medi di gestazione. Un nuovo studio, però, non sembra essere totalmente d’accordo con quest’evidenza e ha portato dei dati ben precisi a supporto della tesi.
La ricerca puntava a monitorare centinaia di bambini e ottenere le informazioni relative le loro esposizioni chimiche prenatali.
Ne è emerso che le future mamme che facevano maggiore utilizzo proprio del paracetamolo avevano un rischio aumentato che il bambino presentasse problemi comportamentali o relativi l’attenzione/iperattività. La corte di donne individuate veniva esaminata anche in base al trimestre di gravidanza e poi prendendo in esame i bambini in età più adulta. Precedenti studi, infatti, non avevano trovato un’associazione tra l’utilizzo del farmaco e la sfera relazionale dell’infanzia.
Il secondo trimestre di gravidanza è il grande indiziato: i dati indicano che in quel periodo ci sono maggiori chance di avere effetti avversi per la salute del bambino, anche se bisogna fare delle precisazioni. Lo studio non indica, infatti, che si tratti di un vero e proprio disturbo da deficit di attenzione o che, in un secondo momento, scopriranno di avere l’ADHD, ma hanno semplicemente una tendenza alla disattenzione e all’iperattività rispetto alla media dei coetanei, comunque da tenere in considerazione.
C’è da sottolineare anche che non tutti gli studi vanno in questa direzione, per cui nella pratica medica il paracetamolo si continua a considerare un farmaco dal basso rischio e somministrabile anche in gravidanza. Servono, quindi, ancora altre ricerche dal punto di vista fisiologico e clinico, anche per appurare se, con l’utilizzo del principio, potrebbero aumentare le possibilità di problemi di sviluppo del cervello.
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