Nelle acque cristalline della Costa Viola, tra Scilla e Cannitello, in provincia di Reggio Calabria, l’equipaggio di uno dei tanti pescherecci che ogni mattina prima dell’alba esce in mare ha stabilito un incredibile record
La pesca del pesce spada ha origini antiche che risalgono al II secolo a.C., come apprendiamo da alcuni storici greci, Polibio su tutti, che affascinati da questo tipo di pesca ne descrivono accuratamente la tecnica.
Esiste inoltre una leggenda che narra che alla morte di Achille i suoi guerrieri, espertissimi lancieri, si buttarono in mare per la disperazione e la Dea Tetide li trasformò in pesci spada.
Da quelle parti è una tradizione di famiglia tramandata da nonno a figlio e poi a nipote. Nello stretto di Messina, nella Calabria più profonda e più vera, quella della cosiddetta Costa Viola, tra Scilla, Tropea e Reggio Calabria, la caccia al pesce spada ha origine antichissime e chiunque abbia avuto la fortuna di visitare queste zone del profondo sud Italia ha imparato perfettamente a riconoscere le feluche dette anche spatare, le tipiche imbarcazioni, rapide, veloci e con quel “ponte di avvistamento” per le battute in alto mare.
Nonostante tutti i nuovi accorgimenti tecnologici, la pesca al pesce spada è ancora oggi piena di antichi rituali come l’uso di porre a prua un’asta con alla sommità una palla azzurra o rossa in legno, su cui sono dipinte le stelle dell’Orsa maggiore, separate da una fascia bianca, con probabile riferimento alla cultura fenicia. Un’usanza più che un rito che fa capire da dove arriva la tradizione della pesca di questo particolare pesce, tipico dello stretto di Messina. Se si passeggia sul bagnasciuga, tra Reggio Calabria, Cannitello, Scilla fino a Tropea, è facile vedere spiaggiate, ma pronte per tornare in mare alle prime luci dell’alba, le cosiddette feluche, le tipiche imbarcazioni utilizzate per la tradizionale pesca al pesce spada nello Stretto di Messina e insieme agli antichi metodi di pesca impiegati, come il tremaglio e le nasse, rappresentano un patrimonio culturale da tutelare e proteggere.
Una tradizione che viene tramandata di generazione in generazione e che alcuni giorni fa ha visto proprio uno di questi pescherecci dediti alla caccia al pesce spada protagonista di una battuta di pesca che ha stabilito anche alcuni record. L’equipaggio della “Aquila di mare” comandata da Giacomo Mancuso e dal “lanzaturi”, l’addetto all’arpione Graziano Mancuso, è riuscito ad avere la meglio contro un pesce spada di 260 chili. Con pazienza e professionalità, la squadra ha saputo portare a termine le complesse manovre di avvicinamento, arpionatura e recupero dell’enorme esemplare di pesce spada dal peso record. I pescatori sanno che il pesce spada in generale è una tipologia di pesce che può arrivare a pesare oltre 400 chili, ma nei mari italiani la misura massima che tale pesce riesce a raggiungere è di 300 chili, ecco perchè la caccia grossa portata a termine dai fratelli Mancuso ha il sapore del record o della pesca miracolosa.
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