Prevenire l’insonnia per evitare demenze: i migliori consigli

Prevenire l’insonnia per evitare demenze? Tutto quello che serve sapere in merito a questo importante e fondamentale tema

Bisogna tornare indietro di undici anni quando venne effettuato uno studio molto importante. In merito a ciò vennero presi in considerazione 145 soggetti di mezza età. Uno studio che venne applicato su “Jama Neurology” ad opera della Washington University di Saint Luis. Ci si soffermava sulle alterazioni della qualità del sonno piuttosto che sulla sua quantità in relazione al rischio di sviluppare decadimento cognitivo.

I migliori consigli
Prevenire l’insonnia per evitare le demenze (Pixabay Foto) Cityrumors.it

Successivamente sono arrivati altri studi. Tra questi quella dei ricercatori delle Università di San Francisco e di Chicago firmati da Yue Leng. I ricercatori americani hanno usato 7 scale neuropsicologiche per valutare come i pazienti percepissero soggettivamente il loro disturbo del sonno. A sottoporsi a questo test ne sono stati 526 (fra i 30-40 anni). Tutti loro dormivano in media sei ore a notte. Undici anni dopo sono stati rivalutati.

Prevenire l’insonnia per evitare le demenze: cos’è l’actigrafia?

Risultato? La qualità soggettiva del sonno da loro percepita non risultava associata direttamente a decadimento cognitivo. Tanto è vero che è stato necessario utilizzare lo metodo del 2013, ovvero l’actigrafia (analizzare i movimenti del corpo). Un oggetto che può essere indossato per giorni o settimane alle caviglie o al polso. Con il passare del tempo sono stati inventati anche smartwatch actigrafi (per capire quante ore di sonno un soggetto ha effettuato).

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Prevenire l’insonnia per evitare le demenze (Pixabay Foto) Cityrumors.it

Nello studio è stato rivelato come la percezione soggettiva di sonno disturbato fosse esagerata: se il 45,6% dei pazienti riportava tale impressione. L’indice di frammentazione del sonno registrato dall’actigrafo era di un terzo. Il sonno poco profondo è quello che fa raddoppiare il rischio di ridotte performance cognitive. In particolar modo per i maschi neri in sovrappeso (con una storia di depressione e ipertensione). A prescindere da razza o genere chi soffre di sonno frammentato sente di dormire poco e male.

Non buone notizie per quanto riguarda la pressione arteriosa e sull’umore con ipertensione e depressione. In merito a questi risultati ha voluto esprimere un proprio parere anche il numero uno della Società Italiana di Neurologia Professor Alessandro Padovani dell’Università di Brescia. Come riportato dal ‘Corriere della Sera‘ il presidente ha dichiarato: “Le alterazioni morfeiche precedono di molto tempo la demenza. Tutto questo curabili con trattamenti non solo farmacologici. Instaurarli precocemente offre il vantaggio di agire senza interferire con le terapie utilizzate per malattie come l‘Alzheimer“.

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