Un dibattito sempre aperto è quello che riguarda gli effetti dei videogiochi su bambini e adolescenti, e si riaccende ogni volta che viene pubblicata una nuova ricerca
E’ il dilemma dei tempi moderni, accettare o non accettare il nuovo modo (radicalmente cambiato) di passare il tempo giocando dei bambini. Siamo nell’epoca dei videogiochi sfrenati, da consolle, dal computer, se non direttamente dal cellulare. Con buona pace di tutti quei genitori che vedono come fumo negli occhi quel tempo trascorso davanti a una realtà virtuale.
L’ultimo studio, pubblicato sulla rivista accademica Early Education and Development e condotto dai ricercatori della Duke University, propone un nuovo approccio al problema, dopo aver preso in considerazione ben 23 anni di studi e 33 ricerche. Grazie all’aiuto di tecniche di neuroimaging per misurare l’impatto della tecnologia digitale sui cervelli dei bambini è ormai chiaro che ci sono diversi effetti negativi, proprio perchè un ragazzo può giocare per ore senza avere la percezione del tempo che passa.
Il videogioco impatta sul cervello
Numerose ricerche hanno riscontrato che i videogiochi possono cambiare il cervello, proprio la struttura fisica del cervello, nello stesso modo nel quale si modifica con la lettura o suonando il piano. I problemi che possono causare sono di diverso tipo, dall’obesità, ai disturbi posturali, al mal di schiena e problemi muscolari e scheletrici, fino a interessare il comportamento cognitivo, suggerendo potenziali associazioni tra questi giochi e un aumento di depressione, violenza e comportamenti aggressivi, anche se i meccanismi neurobiologici alla base non sono ancora stati compresi. Soprattutto se parliamo di bambini che non hanno ancora la capacità di elaborare correttamente alcune “informazioni” che arrivano da giochi e tv, considerando appunto che lo sviluppo visivo avviene principalmente entro gli otto anni, mentre il periodo chiave per l’acquisizione del linguaggio è fino ai 12 anni.
È stato tra l’altro dimostrato che esiste una correlazione stretta tra movimenti degli occhi e il pensiero. Se gli occhi del bambino rimangono immobili davanti alla TV, il pensiero viene represso e la ricettività ai comandi viene ampliata in maniera anomala: ed ecco che il fragile cervello del bambino, per esempio, viene condizionato in maniera irreparabile dalle pubblicità.
Un nuovo studio
Questo nuovo studio analizza la possibilità che i videogiochi possano essere usati in campo educativo, attraverso un uso consapevole e vigilato dall’adulto, al fine di migliorare le performance in compiti cognitivi, alla cui base troviamo le funzioni esecutive. “I genitori e gli educatori dovrebbero riconoscere che lo sviluppo cognitivo dei bambini può essere influenzato dalle loro esperienze digitali”, afferma il professore Hui Li, autore principale dello studio presso la Facoltà di Educazione e Sviluppo Umano dell’Università di Hong Kong.
L’importante è che i ragazzi imparino a farne un uso responsabile, che i genitori li accompagnino attentamente, che vengano trasmessi determinati valori, soprattutto per quanto riguarda la violenza e che, in generale, le attività nel tempo libero siano variegate. L’interesse a questo tipo di approccio nasce dall’analisi dello studio: i giochi spesso prevedono compiti molto complessi, che richiedono soluzioni creative e riflessioni strategiche. Questo permette lo sviluppo di strategie di risoluzione dei problemi.
Un videogioco può sviluppare abilità diverse
Attraverso un videogioco è possibile far esercitare varie abilità, ad esempio, considerando che i videogiochi hanno un ritmo veloce, che richiede al giocatore di prendere decisioni rapide in un tempo molto breve, questo può aiutare a migliorare le capacità decisionali imparando a calcolare rapidamente i dati a disposizione. In questo senso favoriscono quindi lo sviluppo delle capacità intellettive, il senso di orientamento spaziale, le abilità motorie fini, il lavoro di gruppo e la creatività. Così spiga la Dandan Wu, coautrice dello studio “Questo può offrire risorse e incentivi per la creazione di interventi digitali volti a potenziare la crescita cerebrale nei bambini”.
Ad esempio si potrebbero trattare i bambini con ADHD (Il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività) progettando specificamente un “gioco” digitale per indirizzare il controllo cognitivo e l’attenzione. Ulteriori lavori dovrebbero studiare l’impatto della diversa programmazione e il tempo necessario per le sessioni di trattamento, nonché guardare ai benefici ottimali nel lungo termine.