Acca Larenzia, polemica sui saluti romani: Storace dice la sua

Nel corso di una intervista che ha rilasciato al quotidiano “Corriere della Sera” è intervenuto l’ex ministro della Salute, Francesco Storace

Francesco Storace, a modo suo, ha voluto allontanare le polemiche in merito al caso di Acca Larenzia dove nella serata di domenica c’è stato il saluto romano svolto da migliaia di persone che si erano radunate sul posto. Ne ha parlato al ‘Corriere della Sera‘ dove l’ex ministro della Salute ha espresso il proprio pensiero.

Intervista al 'Corriere della Sera'
L’ex governatore del Lazio, Francesco Starace (Ansa Foto) Cityrumors.it

Queste sono alcune delle sue considerazioni a riguardo: “Sono 46 anni che ogni 7 gennaio si svolge quel rito che dura 30 secondi. Vengono letti ad alta voce i nomi dei tre ragazzi morti nell’agguato. Quelli che ci sono urlano “Presente” con il braccio alzato. Rito fascista? E’ un atto di commemorazione nei confronti di tre ragazzi che non hanno avuto giustizia“.

Poi aggiunge: “Nessuno vuole ricomporre alcun partito fascista. Ad Acca Larenzia le istituzioni si sono recate nella mattinata di domenica per non ricongiungersi con quelli che sarebbero andati nel pomeriggio. Nel ’78 frequentavo la sezione del Msi. L’anno dopo scappai ad un attentato, ma per un soffio”. 

Acca Larenzia, Storace: “Erano anni duri, subii tre attentati”

Gli anni ’70 li ha definiti duri. Soprattutto quando durante il comizio di Sandro Saccucci (1976) venne ucciso un ragazzo, Luigi Di Rosa: “Si sparava in quegli anni di piombo. Anche se la strage di Acca Larenzia è stato uno spartiacque. Da quel momento sono iniziate le bande armate clandestine. Sono sempre stato militante da quando avevo 16 anni”.

Intervista al 'Corriere della Sera'
L’ex governatore del Lazio, Francesco Starace (Ansa Foto) Cityrumors.it

Sulla sua famiglia racconta: “Mia madre ha sempre votato Msi, mio padre si divideva tra quello e la Democrazia Cristiana. Per me è una fede. Non ho mai mollato, anche se dopo Acca Larenzia ho subito altri due attentati. Mi bruciarono la macchina sotto casa e poi diedero fuoco a casa con mia madre e mio fratello. Lo stava per buttare dalla finestra per salvargli la vita“.

In conclusione aggiunge: “Non ho mai toccato una pistola in vita mia, anche se all’epoca era difficile. Le scuole erano pieni di comunisti ed alla Sapienza non si poteva entrare. Oggi non si spara più ma la vita per quelli della destra è ancora complicata. Io ancora fascista? Non avrebbe senso oggi. Non si può diventare antifascista, ho visto morire troppe persone come Angelo Mancia nell’80, un fratello per me“.

 

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