Lorenzo Riggi di Geopolitica.info in esclusiva ai nostri microfoni: “Chiedendo il cessate il fuoco prima dei negoziati ha fatto un favore alla Russia”.
Sta facendo molto discutere la visita del presidente ungherese Orban in Ucraina. In particolare da Kiev sono arrivate dure critiche al numero uno di Budapest e sminuite le parole detto dallo stesso premier subito dopo l’incontro con Zelensky.
Si tratta comunque di un passaggio importante nel racconto di questa guerra, che ormai va avanti da oltre due anni, visto che Orban è stato uno dei politici contrari al sostegno a Kiev. Ai nostri microfoni è intervenuto Lorenzo Riggi, responsabile desk Russia del Centro Studi Geopolitica.info, per fare il punto della situazione dopo la visita del premier magiaro in Ucraina.
Lorenzo Riggi, partiamo dal significato della visita di Orban in Ucraina.
“Possiamo dire che è stato davvero qualcosa di particolare se pensiamo che Orban in questi mesi si è sempre opposto al sostegno all’Ucraina. Un’altra cosa da sottolineare è che Kiev ha cercato di sminuire le parole dette da Orban subito dopo l’incontro“.
Orban che ha chiesto un cessate il fuoco.
“Precisamente Orban ha chiesto un cessate il fuoco per aprire i negoziati, che è poi la linea di Mosca. Bisogna precisare una cosa: arrivare ad uno stop della guerra prima della trattative significherebbe permettere ai russi di mantenere quello che ha conquistato durante il conflitto. La posizione di Kiev, invece, è un’altra: iniziare i negoziati a prescindere e solamente dopo l’accordo riporre definitivamente le armi“.
Quindi si può dire che Orban sposa la linea di Mosca?
“Non possiamo dirlo con tanta chiarezza e fermezza, ma sicuramente ha un approccio pragmatico alla risoluzione del conflitto. E nel dire procediamo con il cessate il fuoco fa un assist a Mosca“.
Nel quadro internazionale attuale che significato possiamo dare alla visita di Orban in Ucraina?
“Bisogna dire che Zelensky è al lavoro per saldare il sostegno dell’Unione Europea e Orban non è sicuramente l’interlocutore più semplice. Senza dimenticare che subito dopo l’incontro il ministro degli Esteri ungherese si è confrontato con Lavrov, l’omonimo russo. In ottica più ampia il timore del presidente ucraino è che il sostegno dell’Ue possa venire meno a causa della crescita di movimenti critici contro Kiev. E’ un rischio assolutamente concreto e reale“.
Sul campo ci sono novità particolari?
“Per il momento no. Non abbiamo avanzate significative. Gli ucraini hanno contrattaccato al Nord del Paese e i russi pressano nel Donbass. Siamo comunque sull’ordine di 500-600 metri di avanzamento a settimana. Da sottolineare che Mosca è ormai all’offensiva da tre o quattro mesi. Quindi non è da escludere che siamo vicini al picco di questo attacco. A prescindere da ciò, la Russia sta dimostrando di avere maggiore disponibilità di uomini e di risorse in questa fase rispetto all’Ucraina“.
Offensiva che potrebbe essere decisiva?
“Assolutamente no. Quello che i russi potrebbero fare è mettere in difficoltà tutte le strutture che alimentano lo sforzo ucraino nel Donbass. Ma comunque, come detto in precedenza, Mosca si muove lentamente“.
Possiamo dire che la svolta dovrebbe arrivare dopo le elezioni americane?
“Probabilmente sì, anche se non mi aspetto un qualcosa di radicale. Sicuramente con una elezione di Trump, gli Stati Uniti avrebbero un approccio più pragmatico alla risoluzione del conflitto. L’Ucraina potrebbe essere disposta a cedere qualcosa in più ai russi“.
Una soluzione che avrebbe delle conseguenze su Zelensky?
“Dipende sempre dalle condizioni di pace. Zelensky è l’unico che ha la caratura morale e politica per sedersi al tavolo e trattare. In più ad oggi non ci sono figure di grande rilievo che possano contrastarlo“.
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