L’uomo che per oltre vent’anni è stato al fianco del Cavaliere dopo anni di silenzio decide di parlare con il Fatto Quotidiano e racconta la sua esperienza al fianco dell’imprenditore e del politico
Ne ha di cose da raccontare. Talmente tante che quasi non basterebbero le pagine. Lui è Roberto Gasparotti e dalla 1993 al 2019 è stato al fianco di Silvio Berlusconi, quasi giorno e notte. Per il Cav faceva soprattutto la comunicazione, sin dai primi giorni della famosa discesa in campo e per tantissimi anni. E’ stato con lui dappertutto, qualche volta non è stato nemmeno molto carino e gentile con i cronisti che volevano un’intervista a Berlusconi, anche se lui dice subito “ma non brutalizzavo nessuno“. E così comincia il suo racconto: ” Ero stato assunto dieci anni prima da Videotime (la futura Fininvest/Mediaset). Facevo l’operatore di ripresa, spesso capitava che da Milano 2 ci chiamassero per seguire Berlusconi: l’acquisizione della Standa da Raul Gardini, il dibattito con Zavoli e Veltroni alla festa dell’Unità, la visita di Gorbaciov ad Arcore. Ma anche quando si travestiva da Babbo Natale per i figli o sbocciavano i tulipani nel giardino. Ci chiamava per immortalare i suoi ricordi, insomma”.
Tutto bene, fino a quando non ci fu la famosa “discesa in campo“. E proprio lo stesso Gasparotti che racconta come e quando avvenne tutto questo, non togliendo nulla a quello che c’era in quel momento, soprattutto il contorno. Il suo racconto è incredibile, anche perché non tralascia nulla e fa capire quanto fosse innamorato dei dettagli, anche quelli più piccoli: “Nel settembre ‘93 ci dicono che a turno uno di noi dovrà andare a Arcore, a disposizione del presidente. Pensavamo volesse girare un documentario un po’ più robusto del solito. Invece arrivo e Mity Simonetto (storica consulente d’immagine di B., ndr) mi dice che dobbiamo allestire un set. Berlusconi viene a fare una prova nella sala cinema della villa, al piano interrato. Ma il giorno dopo Mity mi dice: “Non si è piaciuto per niente”. Le spiego che c’è un problema di luci, il soffitto non è abbastanza alto. Venne fuori l’idea di una dependance di Macherio, la villa in ristrutturazione. C’erano solo cemento e mattoni: abbiamo messo moquette, mobili, cornici con le foto ed è diventata un set. E lì arriva la famosa calza. Quello era uno stratagemma del cinema, noi abbiamo semplicemente usato una tecnologia che si chiama skin tone. Voleva essere più giovane? All ’epoca lo era, non serviva. Volevamo un’immagine più viva, per dare l’idea a chi stava a casa di entrare dentro la tv. Fu l’inizio di un lungo innamoramento di massa”.
Secondo i racconti di Gasparotti, Berlusconi non lasciava nulla al caso. “Era maniaco dei dettagli, ci teneva tantissimo che tutto andasse nel verso giusto”, dice l’ex collaboratore del Cavaliere. “Chi c’era? Confalonieri, Dell’Utri, il dottor Letta e molti di quelli che poi portò al governo: Urbani, Ferrara, Galliani, Del Debbio. Il primo comizio fu a Roma, pochi giorni dopo. Perla prima volta si vide un palco completamente bianco, immacolato. Sopra solo Berlusconi. Lui e il karaoke con l’inno. In 25 anni di comizi non abbiamo mai usato una musica che non fosse quella di Forza Italia. L’inno, poi Azzurra Libertà e Meno male che Silvio c’è. Stop: non voleva sentire altro. Una organizzazione militare, anzi maniacale direi. Per me è grandiosità, un’attenzione al dettaglio ineguagliabile”.
E poi uno dei tanti retroscena per far capire chi era Berlusconi e come voleva venissero fatte le cose: “Ha fatto distruggere scenografie dei programmi tv che non gli piacevano. Due giorni prima che arrivasse Bettino Craxi per la prima intervista sulle sue reti, ha fatto cambiare tutta latappezzeriadei corridoi di Milano 2 perché era un po’ logora. La colla aveva un odore fortissimo, siamo stati per due giorni con enormi ventilatori accesi per mandarla via. Be’, gli aveva fatto un bel favore col decreto sulle tv. Sì, certo. Ma quel favore se l’era guadagnato perché era riuscito a conquistare la sua fiducia: mica uno si espone da presidente del Consiglio solo per aiutare un amico. Lo stimava anche Sandro Pertini“.
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