Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti, in un’intervista a ‘La Repubblica’ si schiera contro il ddl diffamazione. Ecco il motivo.
Carlo Bartoli contro il ddl diffamazione. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti in un’intervista a La Repubblica critica in modo duro la norma che porta la prima firma di Alberto Balboni, esponente di Fratelli d’Italia.
“Il provvedimento ha come obiettivo quello di intimidire il giornalista d’inchiesta – spiega Bartoli – ci spaventa il fatto che non sia prevista alcuna misura serie per le querele bavaglio. L’eliminazione del carcere? Era una norma già disapplicata da anni visto le richieste arrivate dalla Corte Costituzionale in due sentenze. Le maxi sanzioni, inoltre, sarebbero un problema sia per un collaboratore che per le piccole testate. Già oggi ricevere una decina di querele è un ostacolo non semplice da superare. Figuriamoci in caso di multe ancora più alte. Senza dimenticare i danni in sede civile“.
Bartoli: “Siamo molto preoccupati”
Per Bartoli l’effetto di questa norma è quello di “dissuadere i giornalisti dal fare il proprio lavoro senza paura. Per carità, nessuno deve sentirsi impunito, ma siamo molto preoccupati anche dalle cifre. Noi chiediamo che, in caso di querela temeraria, il giornalista deve ricevere almeno un terzo della richiesta del querelante e c’è anche un’altra questione da discutere: quella del foro competente“.
“Con una querela il giornalista non sarebbe chiamato a rispondere nel tribunale in cui è registrata la testata, ma nella città di residenza del querelante – spiega ancora il il presidente dell’Ordine – si tratta di spostamenti costosi e in più il cronista potrebbe essere chiamato a trovare avvocati ovunque se per lo stesso articolo sono presenti più querelanti da diverse città“.
“Le modifiche di Fi non sono sufficienti”
Bartoli conferma che Forza Italia ha presentato “degli emendamenti per migliorare il testo, ma sono insufficienti. Comunque ringrazio il viceministro Sisto per l’attenzione. Inoltre, vorrei sottolineare un altro aspetto: il Parlamento continua a penalizzare il giornalismo regolamento e non fa niente per le diffamazioni che avvengono sui social. Insomma, colpisce i giornalisti, ma non parla sui colossi del web“.