La guerra in Israele ha aumentato il rischio di attentati in Europa. L’ultimo allarme è lanciato dalla commissaria Johansson al ‘Corriere della Sera’.
Prima la Francia, poi Bruxelles. L’Europa in davvero poco tempo è ricaduta nell’incubo terrorismo, ma la situazione non sembra essere destinata a finire qui. “C’è un rischio enorme di un aumento della minaccia nell’Ue – conferma la commissaria Ue Johansson al Corriere della Sera – a mio parere, però, gli attentati potrebbero essere computi da persone radicalizzate, ma che sono già presenti nel nostro Continente. Ad oggi non vediamo un aumento dei flussi migratori legato alle questioni del Medio Oriente, ma naturalmente tutto può accadere“.
Per questo motivo l’Europa è pronta a reagire. “Pensiamo di fare uno screening di sicurezza a tutti quelli che entrano in Europa – spiega la Johansson – naturalmente poi c’è il rischio di quelle persone che vivono già qui e non fanno parte della società. Un chiaro esempio è il terrorista di Bruxelles, che non è mai stato regolare”.
L’ammissione di Johansson: “Ci sono problemi con i rimpatri”
Minaccia che potrebbe essere risolta in parte con i rimpatri degli irregolari. “Abbiamo avuto dei problemi – conferma la Johansson – ma ora stiamo lavorando per risolvere il tutto. Solo quest’anno c’è stato un incremento del 20% sui ritorni e si tratta di risultati sicuramente migliori. Anche se ancora molte persone non lo fanno“.
La commissaria Ue conferma che in questo momento l’Europa “ha dei problemi a difendere le proprie frontiere. Non si effettuano i controlli adeguati e lo screening di chi entra. E questo, purtroppo, non succede solo in Belgio“.
“Cosa ci hanno insegnato gli ultimi due attentati”
La commissaria Ue in questa intervista si sofferma anche sugli insegnamenti degli ultimi attentati: “Io evidenzierei due aspetti: il primo è che la minaccia è molto spesso transfrontaliera e quindi la cooperazione tra gli Stati dovrebbe avvenire di default. E poi c’è la situazione dei rimpatri. Le procedure in molti stati Ue sono frammentate. Il nuovo Patto prevede che chi probabilmente non ha bisogno di protezione internazionale dovrà trascorrere 12 settimane alla frontiera. In caso di conferma del risultato negativo, si provvederà a riportarlo a casa. Naturalmente Frontex dovrebbe dare un mano a questi Paesi“.