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Politica

Mulè torna sulla polemica del “signora presidente”: “Resta una violenza”

Lo scambio aspro tra il vicepresidente della Camera con la deputata del Pd Maria Cecilia Guerra ancora fa discutere

Uno scambio di battute e non battute che ancora fa discutere. Il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè (Forza Italia), non ha affatto dimenticato come Maria Cecilia Guerra (Pd) l’ha chiamato in aula qualche giorno fa, ovvero “signora presidente”. E questo per protestare e ricambiare il “segretario” di Marco Perissa (Fdi) che aveva rivolto a Elly Schlein. E Mulè quasi col sorriso ma fino a un certo punto spiega a Repubblica: “Sono finito in mezzo a una diatriba semantica, mia madre di 84 anni mi ha mandato un messaggio: “Non sapevo di avere una figlia femmina…”. Sa, in casa siamo quattro figli, tutti maschi, era quasi contenta eheh“.

Il vicepresidente della Canera Giorgio Mulè (Ansa Cityrumors.it)

 

Se mi sono offeso? No no, assolutamente no, anzi. Ho anche condiviso lo scambio nella mia pagina Instagram. In genere mi offendono l’ignoranza e l’arroganza e non c’erano né l’una né l’altra, né da parte di Guerra né da parte mia“, dice il vicepresidente della Camera che poi cerca di tornare sul discorso del collega di partito e di Parlamento Perissa che ha dato del “segretario” alla Schlein: “Poi dopo la discussione è continuata, Perissa si è giustificato leggendo lo statuto del Pd stesso, dimostrando che è contemplato solo il maschile quando si parla del segretario”.

“Il problema è che presidente non si può declinare al femminile…”

La deputata del Pd Maria Cecilia Guerra con cui è nata la polemica con Giorgio Mulè (Ansa Cityrumors.it)

 

“C’è un problema legato alla lingua – ha detto Mulè -, perché alcune parole non si possono declinare al femminile, e “presidente” è una di queste. Così come esiste “microfono” e non “microfona”. Poi se vogliamo dirla tutta, “signora presidente” violenta il mio di genere, ma l’ho presa con una risata. Dopodiché se Schlein vuol essere chiamata segretaria, la si chiami segretaria, ci mancherebbe. Se Meloni vuol essere chiamata presidente, la si chiami presidente”. Una spiegazione quella di Mulé che è strettamente legata all’italiano e la forzatura della Guerra.

Quello di Mulè, chiede Repubblica, sembra tanto essere un approccio ecumenico a questa situazione che poi è diventata la polemica di fine anno. “Fare battaglie campali su cose del genere dimostra enorme superficialità rispetto alla tragedia dei femminicidi, perdiamo tempo a lambiccare sulle parole quando c’è un abisso di inciviltà nelle questioni di genere che dovremmo affrontare tutti insieme”.

Daniele Magliocchetti

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