Lo scudo penale per la Polizia è più che un’ipotesi: Meloni lavora al provvedimento, ma Mattarella frena. Le chat fra agenti dividono.
Il Decreto Sicurezza si arricchisce di un altro capitolo: la condizione degli agenti in piazza. La tematica è tornata sotto i riflettori e al centro delle discussioni socio-politiche dopo le recenti manifestazioni per Ramy: i possibili abusi in divisa sono protagonisti del dibattito, ma non solo.
I poliziotti che erano a Bologna nei giorni scorsi garantiscono che l’intento della manifestazione di piazza era uccidere gli agenti: “Ho visto la morte in faccia, in tanti anni di servizio non ho mai avuto così paura. Non mi vergogno ad ammetterlo”, racconta un agente. Le parole dell’uomo rimbalzano su tutti i giornali e la Premier Giorgia Meloni lavora a uno scudo penale nei confronti delle forze dell’ordine: norma che eviterebbe ai poliziotti l’iscrizione nel registro degli indagati dopo l’utilizzo di forza fisica. Incluso l’omicidio.
Meloni lavora allo “scudo penale” per Polizia e Carabinieri
A patto che siano nel pieno dello svolgimento delle proprie funzioni. Insomma chi difende le piazze potrebbe essere agevolato in caso di bagarre e le “maniere forti” sarebbero – in qualche maniera – un rischio calcolato. Il Governo non ammette la violenza in alcun tipo di forma, ma pensa a tutelare gli agenti in caso di manifestazioni ad alto rischio.
Secondo Giorgia Meloni quella di Bologna dei giorni scorsi lo era. Allora la norma – chiamata sinteticamente “scudo penale”, ma si sta lavorando ai dettagli – secondo l’attuale esecutivo diventa una necessità. Restando in tema di scudi e opposizioni, a frenare la possibilità di un provvedimento “accomodante” per i rappresentanti di Carabinieri e Polizia è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Mattarella fa muro: “Serve equilibrio”
Il quale fa sapere di essere dalla parte dell’ordine e di chi lo difende sempre, ma sottolinea: “È importante che non si perda di vista l’equilibrio”. Infatti a raffreddare gli animi sono proprio alcune testimonianze, emerse e pubblicate da Il Fatto Quotidiano, che mostrano alcune chat di rappresentanti delle forze dell’ordine: “Non ci fanno lavorare – si legge – ci vuole mano libera contro i comunisti di m***a”.
Parole forti che inneggiano alla violenza e la certezza che arrivino da rappresentanti delle forze dell’ordine fa storcere il naso alle più alte cariche dello Stato, tra cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il quale vuole evitare derive esasperanti in un senso o nell’altro. In gioco, infatti, c’è anche il diritto di manifestare senza dare adito a provocazioni e violenza.
Il nodo sugli abusi in divisa
Il nodo è capire fin dove agevolare l’operato di chi difende l’ordine pubblico: “Chi sbaglia deve pagare”, continuano a ripetere esponenti di partito tra maggioranza e opposizione. Mattarella, tuttavia, sottolinea in estrema sintesi che deve valere per chiunque. Anche nei confronti di coloro che indossano una divisa: ci sono oneri e onori.
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Motivo per cui resta ancora tutto fermo, o meglio: alla norma si continua a lavorare, ma ci sono alcuni aspetti – specialmente rispetto allo svolgimento delle indagini – che vanno definiti. Non possono esistere privilegi o agevolazioni di alcun genere quando si viene a contatto con la violenza: l’ira non ha colore, né bandiera. Da questo mantra prosegue il tavolo di confronto, ma attualmente si è ancora lontani da una quadra che dovrà garantire tutela per le forze dell’ordine cercando di debellare le prevaricazioni.