L’ex presidente della Juventus torna a parlare e in un’intervista al Financial Times rilascia delle dichiarazioni sulla Superlega e sul suo passato da numero uno dei bianconeri
Per la prima volta è tornato a dire la sua, a far sentire la sua voce. Andrea Agnelli, considerato come l’ideatore della cosiddetta Superlega, quella nuova struttura di calcio che doveva garantire ai club più blasonati e più ricchi d’Europa una competizione che portasse ancora più soldi nelle loro casse. Ne è uscito un racconto per certi versi inediti che ha spiegato anche alcuni passaggi decisivi in quei giorni frenetici.
Nei giorni scorsi il Collegio di Garanzia presso il Coni aveva respinto il ricorso dell’ex presidente della Juventus, in merito alla cosiddetta manovra stipendi. Ricorso che è stato ritenuto “in parte inammissibile e in parte infondato”, si legge nel dispositivo. Confermati, dunque, 10 mesi di inibizione per l’ex dirigente bianconero, che era stato condannato in primo grado a 16 mesi, poi ridotti a 10 dalla Corte federale d’appello.
Non aveva più fatto sentire la sua voce, la sua opinione, su tutto quello che era stato il progetto Superlega, nessuna parola era più uscita dopo lo scoppio dell’affaire in quella famosa notte di Aprile di alcuni anni fa. Ora Andrea Agnelli è tornato e, dalle pagine del Financial Times, ha spiegato perchè serviva e serve ancora una Superlega. Un progetto nato e morto in 48 ore anche per la clamorosa rivolta dei tifosi, soprattutto delle squadre inglesi coinvolte: Manchester City e Chelsea su tutte. “Era stata una risposta ai problemi che il calcio ha avuto e continua ad avere: instabilità finanziaria, sostenibilità finanziaria, polarizzazione. Tutti i club avevano firmato liberamente, alcuni più per paura di non essere a bordo e altri più consapevolmente. Ma non ho puntato una pistola alla testa di nessuno”, ha spiegato l’ex presidente bianconero.
Inter, Milan e Juventus in Italia, Barcellona e Real Madrid in Spagna, alcune squadre inglesi e soprattutto il PSG in Francia. Queste le squadre che avevano messo in piedi quell’imboscata calcistica che sarebbe servita in massima parte soltanto ai club più potenti a discapito del merito sportivo. Lo stesso Agnelli ha rivelato l’idea di un progetto alternativo discusso con Al-Khelaifi (presidente del Psg e dell’Eca) addirittura a novembre 2020: “Ricordo di essere volato a Parigi in pieno Covid, con nessuno in giro, la città deserta. Io e Nasser avevamo parlato di un nuovo torneo dicendo che c’era bisogno di un cambiamento, perché se non cambiamo siamo morti“.
Un progetto di Superlega che comunque ha spinto la UEFA a cambiare velocemente i format delle proprie competizioni calcistiche più importanti. Tutte le coppe europee infatti, dalla prossima stagione, garantiranno più partite e quindi più introiti alle squadre partecipanti, proprio sulla falsariga del progetto che Andrea Agnelli aveva in testa e che comunque, secondo l’ex presidente bianconero, non sarebbe morto del tutto. “Dateci tempo. Non è che le cose accadano come per magia… Dobbiamo trovare i club, stiamo lavorando sulla parte B2B, perché se non abbiamo i club per partecipare alla competizione, non possiamo raggiungere i consumatori”, ha detto ancora Agnelli. Infine c’è un ultimo curioso aneddoto raccontato al giornale americano e riguarda proprio colui che ha preso il suo posto come capo dell’associazione dei club professionisti, Al Khelaifi. “Altri avevano discusso del lancio di tornei alternativi”, spiega infatti Agnelli. “Ricordo di essere volato a Parigi in pieno Covid. Nessuno in giro, Parigi deserta. Io e Nasser parliamo di un nuovo torneo, dicendo che c’è bisogno di un cambiamento, perché se non cambiamo, siamo morti”. Insomma la partita non è ancora finita.
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