Il presidente del Coni alla vigilia della partenza per le Olimpiadi fa un bilancio del passato e si lancia con ottimismo verso il futuro
La scaramanzia regna sovrana, soprattutto prima di un eventi importante come le Olimpiadi, ma stavolta il presidente del Coni Giovanni Malagò tenta quasi di sfidarla.
Il numero uno dello sport italiano non è di solito fare programmi e tabelle di qualche tipo anzi, spesso si tiene alla larga dal fare pronostici, soprattutto se c’è un grande evento come le Olimpiadi alle porte, ma in questa circostanza fa un’eccezione. Sarà che potrebbero essere le sue ultime Olimpiadi da presidente, sarà che vuole andare oltre e si sente piuttosto sicuro del fatto suo e degli atleti che stanno per partire e soprattutto gareggiare.
Ricorda quando ha cominciato a vedere per la prima volta un’Olimpiade, “era a Monaco nel 1972, da lì ho iniziato a programmare vacanze e situazioni in base alle gare“. Di medaglie ne ha viste tante, vittorie altrettante, ma una sola ce l’ha bene impressa nella memoria e nel cuore, “è quella che ha vinto Mennea a Mosca nel 1980“, ma erano altri tempi, altri sport e soprattutto altre ere. E’ passata una vita.
Ora le vive da presidente, da numero uno dello sport italiano e non è proprio una cosa semplice da gestire: “Ansia e angoscia ho imparato ad accantonarle, ormai il mio sistema nervoso mi fa reggere la pressione. Ma entusiasmo e orgoglio ce ne sono“. Giovanni Malagò si avvicina così alle Olimpiadi di Parigi dove ha un obiettivo ben preciso “fare una medaglia in più delle 40 di Tokyo”, dice al Messaggero.
Potevano essere a Roma, “Una cicatrice…”
Il sorriso è di quelli che entusiasmano, ma appena gli si ricorda a Giovanni Malagò che quelle di Parigi potevano essere le Olimpiadi di Roma, un’ombra gli copre il volto e con un veloce sospiro ricorda: “La cicatrice si è rimarginata ma la ferita rimarrà tutta la vita. Fu un errore clamoroso…”.
Al di là dell’obiettivo, ci sono tanti atleti italiani su cui si può sognare e pensare solo del bene, anche perché le vittorie possono essere pure di più di Tokyo, ma qui Malagò fa un po’ lo scaramantico e ricorda: “Le previsioni e gli algoritmi ci danno in una posizione variabile fra la sesta e l’undicesima ma prima avevi Usa, Urss o Cina che prendeva anche 100 medaglie, oggi con la globalizzazione non è più così”.
Alcuni numeri. L’Italia si presenta con una delegazione record di 403 qualificati e per Giovanni Malagò è un motivo di vanto: “Tutti porteranno meno persone rispetto a Tokyo, mentre noi avremo il 5-6% di atleti in più. E la cosa è incredibile perchè siamo andati meno bene negli sport di squadra”. E sugli sport dai quali si può aspettare qualcosa di più, il presidente del Coni spiega: “Da quelli che finora non hanno fatto grandi cose. Quindi mi aspetto molto, moltissimo dal tennis e poi vorrei qualcosa di storico dalla vela, anche se ha già vinto un oro meraviglioso a Tokyo“.
L’ultimo è su una nota dolente, sul calcio che nemmeno in questa circostanza di è qualificato, non è la prima volta: “Nel calcio ci sono fazioni contrapposte: se la conclusione di tutto è che una parte trionfa e l’altra soccombe, il calcio continuerà a non risolvere i problemi. Invece trovare un equilibrio tra i soggetti, con le giuste formule di mediazione, è l’unico modo di fare insieme quello che è indispensabile”.