In una lunga intervista ai microfoni del Corriere della Sera, il nuovo capo delegazione azzurra ed ex portiere di Parma e Juventus si confessa a cuore aperto
Sembrava potesse giocare in eterno, e invece il ritiro è arrivato il 2 agosto scorso, quando Gianluigi Buffon ha deciso di appendere i guantoni al chiodo al termine dell’ultima stagione disputata a Parma, conclusasi con l’eliminazione ai playoff contro il Cagliari. Una leggenda di Parma, Juventus e ovviamente della Nazionale, l’uomo che ha riscritto tutti i record non solo di un portiere nel calcio italiano, ma a 45 anni ha cominciato anche una seconda carriera in seno alla Nazionale italiana.
L’ultimo highlander
Dai primi calci al pallone al bacio a quella Coppa del Mondo, sogno diventato realtà nel 2006, fino all’ultima esperienza da capo delegazione dell’Italia, con cui è rimasto nel mondo del calcio e che vive con lo stesso entusiasmo di quando, con l’album delle figurine davanti, imparava a memoria la formazione del Camerun delle meraviglie a Italia 90, perchè in porta c’era il suo primo idolo: Thomas N’Kono. Gigi Buffon, 46 anni, meno di un anno dopo dall’aver annunciato il ritiro dal calcio giocato, si è raccontato in una lunga intervista al settimanale del “Corriere della Sera”, ripercorrendo una vita che neanche nelle favole osava immaginare così. “Sono veramente felice di aver smesso. Mi sto dedicando ai tanti interessi ai quali ho dovuto rinunciare per questa vita da calciatore cosi totalizzante. Ho fatto il corso da direttore sportivo. A gennaio inizio un corso intensivo alla Bocconi in business administration e, finalmente, mi butto in una full immersion di inglese per poter dimenticare il livello scolastico che mi ha sempre tenuto in piedi, ma con disagio”, ha detto uno dei più forti portieri della storia del calcio. Una volta smesso di giocare ha avuto questa porta aperta in nazionale con un ruolo del tutto nuovo per lui. “Sono orgoglioso del mio ruolo di capodelegazione della Nazionale, ma sarei un folle a pensare di poter trasmettere qualcosa come è riuscito a Gianluca Vialli. Cerco almeno di non farlo rimpiangere troppo, senza però scimmiottarlo. Faccio Gigi Buffon con i miei pregi e difetti, le mie profondità e superficialità”.
La ludopatia è una cosa seria
Nell’intervista è stato affrontato anche il capitolo delle scommesse nello sport, Gigi era a Coverciano quel giorno, quando le Forze dell’ordine sono venute a prendere Zaniolo e Tonali. “E’ un tema molto delicato. Credo sia sbagliato criminalizzare e non fare dei distinguo. Scommettere di per sé non è reato, gli stadi stessi e le trasmissioni sportive sono pieni di pubblicità di App di questo genere e lo Stato incentiva il gioco. Se invece un calciatore scommette sul calcio va incontro a punizioni che giustamente devono essere inflitte, ma se scommette sulla pallavolo, sul basket, sulle corse dei cani…non sta commettendo alcun reato”. Poi Buffon è entrato ancora meglio dentro il suo pensiero sulle scommesse. “La cosa peggiora è quando si parla di ludopatia, anche qui non centrando l’obiettivo: la ludopatia non è un problema di quanto spendi, ma del tempo che dedichi a questa attività. E questo dobbiamo spiegarlo ai ragazzi: non è che se si fanno continue scommesse da 1 euro trascorrendo ore e ore davanti alla App, allora è un tutto ok, mentre se uno spende un milione in un’unica occasione allora è ludopatico”, prosegue Buffon nell’intervista.
“Possiamo dire che è un cretino, va bene, ma la patologia nasce dalla dipendenza, la continuità con cui si fa una cosa. Non mi piacciono i bacchettoni che giudicano con una superficialità aberrante senza sapere poi realmente quali siano le motivazioni. Poi si toglie anche un sassolino dalla scarpa. “Ci sono passato anche io venendo infangato senza aver commesso nulla: quando le cose si chiariscono, ci si dimentica di spiegare e chiedere scusa e si lasciano le persone con un’etichetta addosso. Lo trovo profondamente sbagliato“.