La clamorosa eliminazione dell’Italia Campione in carica per opera della Svizzera da Euro 2024 ha innescato una serie di mosse e contromosse per le poltrone che contano nella stanza dei bottoni del calcio italiano
Dopo due mancate qualificazioni consecutive ai mondiali, il calcio italiano aveva preso una bella boccata d’ossigeno con lo straordinario quanto inaspettato trionfo della Nazionale di Roberto Mancini nella finale di Wembley contro i padroni di casa dell’Inghilterra. Ma la sconcertante umiliante eliminazione patita per mano della Svizzera, dopo una qualificazione agli ottavi di finale già acciuffata per i capelli all’ultimo minuto di recupero, ha fatto saltare definitivamente il tappo alle polemiche.
Hanno fatto molto scalpore, il giorno dopo l’eliminazione dal torneo continentale, le dichiarazioni in conferenza stampa del tecnico azzurro Luciano Spalletti e del presidente federale Gabriele Gravina. Nessuno dei due ha rimesso il proprio mandato e pronunciato quella fatidica parola che in Italia, in tutti i campi lavorativi, praticamente è stata cancellata dal vocabolario. Se per il tecnico di Certaldo, arrivato in corso d’opera in una situazione già abbastanza complicata, le giustificazioni potevano anche essere trovate, è inaccettabile che il presidente della FIGC non abbia rassegnato le sue dimissioni, soprattutto in ricordo della mancata qualificazione all’ultimo mondiale in Qatar.
La guerra del calcio
Per tanti anni è stato detto che il calcio si muoveva come la politica e i recenti fatti in seno agli organi federali sono lì a testimoniarlo. La mossa a sorpresa di Gabriele Gravina, nel day after dal disastro di Euro 2024 nel non rimettere il suo mandato anzi rilanciando con l’annuncio della data delle prossime elezioni alla carica più alta di Via Rossellini la propria candidatura, ha spiazzato tutti i rivali. Poco tempo per organizzare una controffensiva presentando un candidato alternativo e poco spazio anche a un eventuale commissariamento della Federazione. Tutte le colpe scaricate sui calciatori e la rivendicazione dell’autonomia del calcio da qualsiasi ingerenza politica da parte di Gravina, hanno scosso l’ambiente che ci ha messo un po’ a metabolizzare quello che stava accadendo. “Davanti alla disfatta con la Svizzera ho pensato di essere in una puntata di Scherzi a parte. Mi è capitato di assistere a sconfitte, ovvio. In sport individuali può succedere che il tennista o il nuotatore di turno proprio nel giorno della gara, a causa di un problema fisico o mentale, abbia una pessima prestazione. Ma in uno sport di squadra, con la possibilità di effettuare cinque sostituzioni su undici, la scena mi è sembrata inverosimile”, queste le pesanti di Giovanni Malagò in un’intervista analizzando quello che era accaduto in Germania.
Si muove il governo
L’attuale presidente gode della fiducia di personaggi di spicco nel calcio italiano come Beppe Marotta, Cristiano Giuntoli e Umberto Marino, possibili voci fuori dal coro di una Serie A che gli è rivale, ma anche i primi candidati a un pool di saggi che dovrà interagire e fare da cuscinetto tra le società di serie A e la Nazionale per provare a conciliare e concordare la sopravvivenza dei due movimenti. L’unico modo per scalzare l’attuale presidente quindi sarà quello di riuscire a metterlo in minoranza alle prossime elezioni. Un’ondata di malcontento che arriva poi dopo un periodo abbastanza complicato, fatto di continui e duri confronti all’interno del Consiglio federale, Lega Serie A su tutti, forti tensioni con il Governo, in particolare sulla famosa Commissione che vigilerà sui bilanci dei club al posto della Covisoc, senza dimenticare l’inchiesta che lo vede indagato per autoriciclaggio, casus belli che il più delle volte accompagna alla porta chi ne rimane impigliato nella rete dell’inchiesta. “Quello che mi ha sorpreso è stata la ricerca di responsabilità altrui“, il durissimo attacca dell’attuale Ministro dello sport Andrea Abodi all’indomani delle dichiarazioni di Gravina, preludio a una guerra su più fronti su cui si sta giocando il futuro del calcio italiano.