Il fenomenale tennista serbo ha concesso una lunga intervista a Jon Wertheim per il programma in onda sulla rete televisiva americana Cbs, “60 minutes”
Una confessione in piena regola. Il rapporto con i suoi rivali storici Federer e Nadal, lo stimolo infinito che riceve dalle nuove leve che si stanno affacciando nel circuito, le accuse di essere un No-Vax, la voglia di continuare a giocare ancora. Un Novak Djokovic come mai ascoltato prima quello intervistato nella popolare trasmissione del canale televisivo americano.
È il più vincente nella storia di questo sport nelle prove di singolare maschile del Grande Slam, con dieci Australian Open, sette Wimbledon, quattro US Open e tre Roland Garros all’attivo per un totale di 24 finali vinte su 36 disputate. Novak Djokovic è l’unico atleta dell’era Open, a pari merito con l’australiano Rod Laver, ad aver trionfato in tutte e quattro le manifestazioni del Grande Slam consecutivamente.
A 36 anni ha concluso la stagione agonistica ancora come numero 1 al mondo, stabilendo l’ennesimo record. La settima vittoria alle Atp Nitto Finals di Torino ha innescato una nuova meravigliosa rivalità, quella con il nostro Jannik Sinner che, dopo averlo battuto nel girone di qualificazione, si è dovuto arrendere al ritorno del grande campione nella partita che decideva il titolo. Novak Djokovic, con Federer oramai ritirato e Nadal afflitto da cronici problemi fisici, è l’ultimo baluardo della generazione di fenomeni che ha dominato gli anni 2000, dall’assalto della next gen che con Sinner e Alcaraz come simboli sta sgomitando per prendersi lo scettro. Ma il re non ha nessuna voglia di abdicare e il serbo lo ha confessato senza pudore nella trasmissione “60 minutes” andata in onda sulla rete televisiva americana Cbs. “I giovani presenti ora sul circuito sono molto affamati e ispirati nel provare a giocare il loro miglior tennis contro di me, e questa per me è una motivazione extra. Penso che risveglino la parte migliore di me”, ha esordito Nole riferendosi proprio ai nuovi talenti che sono arrivati nel circuito. “Alcaraz è il giocatore più completo che abbia mai visto alla sua età”, ha poi ancora aggiunto Djokovic rievocando la sconfitta patita dallo spagnolo nell’ultimo torneo di Wimbledon. “Quella sconfitta mi fece arrabbiare così tanto che ho dovuto poi vincere tutto quel che c’era da vincere su suolo americano. Ma il suo arrivo è stata una grande opportunità per reinventare me stesso e spingermi a lavorare ancora più duramente”.
Il tennis è uno sport individuale, molto particolare, dove le motivazioni sono importanti quasi quanto la tecnica di portare i colpi giusti. “Dentro di te c’è una tempesta ed è sempre quella la battaglia più grande da affrontare. Hai i tuoi dubbi e le tue paure, li avverto in ogni singola partita”, racconta Nole, “e non mi piace quel tipo di approccio che sento ripetere spesso nello sport: pensa positivo, sii ottimista, non dar spazio ai tuoi dubbi, fallire non è un’opzione. E’ impossibile”. E’ una battaglia anche psicologica con il tuo avversario dall’altra parte della rete. “Anche se non c’è alcun contatto fisico nel tennis, ci si osserva molto: quando cambiamo campo, quando siamo seduti, e poi ci sono i maxi schermi che ti fanno vedere come il tuo avversario sta bevendo la sua acqua, se sta sudando più del dovuto, il modo in cui respira, come comunica con il suo team. Sono tutti elementi che influiscono sulla performance”, ha sottolineato Djokovic parlando di forza mentale e di come negli anni abbia imparato a costruirla. E ricordando la leggendaria finale di Wimbledon contro Federer aggiunge, “L’ho battuto 13-12 al quinto set. I miei set li ho tutti vinti al tie-break e in generale, se si guarda alle statistiche, lui è stato il miglior giocatore quel giorno in campo in ogni aspetto. Ma fui io a vincere il match. E questo vuol dire che si può vincere anche scegliendo i momenti giusti in cui alzare il tuo livello e giocare il tuo miglior tennis quando più conta”.
Djokovic è ancora oggi il tennista che ha vinto più titoli, ma all’inizio della sua carriera ha faticato a sfondare contro Roger Federer e Rafael Nadal. “C’è grande rispetto per Federer e Nadal, ma non siamo amici perché siamo rivali, e questo rende difficile il fatto di stare vicini e condividere intimità della nostra vita che potrebbero essere usate contro di noi. Abbiamo condiviso il palco per così tanti anni con grande rispetto, quindi spero che un giorno, quando il sipario si chiuderà, potremo sederci, parlare e riflettere, sarebbe fantastico”. Poi ha aggiunto che giocare contro di loro significava avere sempre tutto il pubblico contro, ma questo lo stimolava a fare ancora meglio. Un sentimento che durante la pandemia andò ben oltre il perimetro del rettangolo di gioco: “Sì, fui dichiarato il cattivo e in pratica avevo tutto il mondo contro di me. In campo avevo già provato quel tipo di sensazione, l’avere un pubblico che non tifasse per me, ma in vita mia non avevo mai provato nulla di simile. La gente mi etichettò come No-Vax, ma io non sono né No-Vax né Pro-Vax. Sono per la libertà di scelta”.
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