L’evoluzione della tecnologia ha cambiato il modo di fare informazione e la possibilità di trasmettere gli eventi in diretta a pagamento ha modificato abitudini conclamate negli anni
C’era una volta la programmazione di tutte le partite di calcio della serie A in contemporanea la domenica pomeriggio. Trenta anni fa, all’inizio della stagione 93-94, la piattaforma satellitare Tele+2 trasmise il primo posticipo a pagamento nella storia della Serie A, un Lazio-Foggia dallo stadio Olimpico di Roma che, con la telecronaca di Massimo Marianella, iniziò la rivoluzione epocale che cambiò per sempre il rapporto tra tifoso e appassionato di calcio con la televisione.
L’avvento delle tv a pagamento ha rivoluzionato non solo il modo di fruire del calcio, ma anche lo sviluppo stesso del calcio, con le società che, grazie agli introiti televisivi, cioè milioni di euro a disposizione, sono riuscite negli anni ad allestire rose sempre più competitive. Un giro vorticoso di denaro che ha portato alla crescita di tutto il movimento, alla nascita di nuovi tornei e al coinvolgimento di sempre più “mercati”.
L’oppio dei popoli
Il calcio in Italia ha sempre avuto un grandissimo impatto sociale, milioni di appassionati da quasi cento anni seguono le vicende della propria squadra del cuore, una passione infinita tramandata il più delle volte di generazione in generazione, che ha fatto si che “il pallone” diventasse la terza industria in Italia per fatturato e volume di affari. Negli anni il calcio ha seguito l’evolversi della società, ha scavalcato la paura della guerra, anzi ha aiutato in quegli anni a ridare entusiasmo e voglia di socializzare, lo stadio è diventato la grande piazza del paese dove grandi e piccoli, uomini e donne e tutte le categorie sociali si ritrovavano uniti nella stessa passione senza divisione di classe o di ricchezza. Da Nicolo Carosio a Roberto Bortuluzzi, da Enrico Ameri a Sandro Ciotti, la radio e “Tutto il calcio minuto per minuto”, trasmesso per mezzo secolo sulle frequenze Rai, ha allargato i confini di quello che oramai era diventato a tutti gli effetti lo sport nazionale. La domenica pomeriggio era consacrata al pallone, a quel punto non soltanto dal vivo allo stadio, ma anche attaccati a una radiolina.
Tutto il calcio in diretta tv
La televisione nel frattempo era relegata a un ruolo di secondo piano e lo stadio non aveva alcuna concorrenza che potesse comprometterne la centralità nella vita dei tifosi italiani. In diretta televisiva veniva tramessa soltanto la Nazionale italiana e dagli anni 80 in poi qualche partita delle Coppe europee, nel mercoledì consacrato alle manifestazioni per club internazionali. La tv era vista come un freno alla possibile affluenza allo stadio, era la criptonite del calcio, come se la passione potesse uscirne anestetizzata e il divano di casa preferito al seggiolino dello stadio. Si è andati avanti così per anni, nella convinzione che la “diretta” fosse il male assoluto, ma l’avvento della tecnologia satellitare, che andava a scardinare la classica antenna terrestre, dove “miracolosamente” arrivava il segnale televisivo, ha modificato la percezione della potenza economica della televisione, la disponibilità dell’utente a pagare per vedere un programma, ha fatto capire che forse era in atto un cambiamento e il calcio poteva uscirne addirittura rafforzato.
La prima partita della storia
Gli highligts di allora li potevamo vedere soltanto dopo un tempo stabilito da regole precise e quei riflessi filmati hanno fatto la fortuna di trasmissioni storiche come “90 minuto” o “Domenica Sprint” e soprattutto della “Domenica sportiva” che chiudeva la domenica calcistica. Quel 29 agosto del 1993 la partita di campionato Lazio-Foggia aprì le acque a quella che poi diventerà un oceano di partite in televisione. Fu quella la prima partita della storia del campionato di serie A trasmessa in diretta nazionale dalla piattaforma satellitare Tele+, appositamente in un orario diverso da tutte le altre. Era nato il posticipo serale che, se pensiamo al calcio spezzatino di oggi, con partite spalmate su tre giorni e in 4-5 orari differenti, forse era il minore dei mali, ma all’epoca veniva ancora visto da più parti come un problema, si era andati a toccare la sacralità della domenica pomeriggio. Oggi nulla è più come prima e il povero tifoso è alle prese tra anticipi, posticipi, l’anticipo del posticipo, il Monday night e il lunch match che ha tolto anche il pranzo domenicale in famiglia, tra orari sempre diversi da mandare a memoria per non presentarsi nel giorno sbagliato all’orario sbagliato. Alla fine soltanto una cosa non è mai cambiata e continua a fare la fortuna del calcio, l’attesa del calcio d’inizio, quel momento magico che apre le porte a novanta minuti di passione, dove ci isoliamo dal mondo esterno, sia se ci troviamo sugli spalti di uno stadio, sia se siamo seduti sul più comodo divano di casa.