Il reato di diffamazione online è un fenomeno in costante crescita specialmente con l’arrivo dei social: cosa bisogna sapere.
Commettere diffamazione in Rete, offendendo la reputazione di una persona non presente in quel momento, rischia di essere un grosso grattacapo. Il reato compiuto online assume una connotazione differente rispetto ad un episodio avvenuto per esempio durante una lite in strada.
La giurisprudenza può contare in questo caso su varie sentenze, ma c’è una legge in particolare che lascia pochi dubbi a riguardo.
Diffamazione online: cosa dice la legge
L’articolo 595 del Codice Penale parla chiaro e non lascia spazio a dubbi. “Chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro“, si legge nella prima parte dell’articolo.
Ma tutto cambia quando si ha a che fare con l’offesa ricevuta a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità (atto pubblico). “La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro. Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate“, continua.
Tornando indietro spicca anche la legge 47/1948 che non prende in esame, per ovvi motivi, la diffamazione in Rete. “Il reato con mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 500 mila“, recita l’articolo 13.
L’articolo 595 del Codice Penale
Proprio questo articolo riguarda i delitti contro la persona e punisce chiunque offenda la reputazione altrui, comunicando con una pluralità di persone. Il bene giuridico è in questo caso la reputazione che si identifica anche con l’onore (condizioni dalle quali dipende il valore sociale attribuito alla persona ndr). A tutto questo si aggiungono decoro e doti di vario genere (dalle intellettuali alle professionali, passando anche per quelle fisiche).
La Sezione Quinta della Cassazione Penale ha emesso non molto tempo fa la sentenza numero 4873/2017. In questo caso, infatti, la diffusione di un messaggio mediante Facebook integra il delitto di diffamazione aggravato – come dice l’articolo 595 comma 3 del Codice Penale – dalla sub specie di offesa “arrecata con un qualunque mezzo di pubblicità“.