La Nasa non ha ancora trovato “tecnofirme” o alcuna prova credibile di vita extraterrestre: uno studio prova a spiegarne i motivi.
L’articolo è stato pubblicato sull’Astrophysical Journal: l’autore principale è Ravi Kopparapu del Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland. L’agenzia spaziale americana è da tempo alla ricerca delle cosiddette tecnofirme, ovvero segnali individuabili a distanza di civiltà avanzate. Potrebbero essere luci di città o forme di inquinamento derivanti dalla combustione di combustibili fossili.
Per delle civiltà evolute si è ipotizzata quindi la costruzione di enormi strutture aliene per la raccolta di energia stellare. Costruzioni che potrebbero essere rilevate dai telescopi che abbiamo attualmente a disposizione. Si tratterebbe di pannelli solari, probabilmente in silicio, che coprirebbero una porzione significativa della superficie del pianeta. Oppure di enormi strutture orbitanti capaci di sfruttare l’energia di una stella. In tutti questi casi dovremmo essere in grado di “vedere” queste costruzioni. Ciò, però, non è ancora avvenuto.
Una delle possibili spiegazioni è che il fabbisogno energetico di queste civiltà potrebbe essere modesto e quindi potrebbero non aver bisogno di costruire enormi strutture. Lo studio ha implicazioni anche sul cosiddetto “paradosso di Enrico Fermi”, il famoso fisico italiano che si chiese: “Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non ne abbiamo ancora ricevuto le prove, come trasmissioni radio, sonde o navi spaziali?”.
“Le civiltà potrebbero non sentirsi obbligate ad espandersi in tutta la galassia perché potrebbero raggiungere livelli di popolazione e di consumo energetico sostenibili. – ha affermato Kopparapu – Potrebbero espandersi all’interno del proprio sistema stellare, o anche all’interno di sistemi stellari vicini, ma potrebbero non esistere civiltà che si estendono lungo la galassia”.
Va considerato poi che le strutture di raccolta di energia stellare su larga scala potrebbero essere addirittura obsolete nel caso in cui le civiltà aliene avessero accesso alla fusione nucleare o ad altri metodi efficienti per generare energia. Per decenni, comunque, gli scienziati hanno utilizzato i radiotelescopi per cercare potenziali trasmissioni radio extraterrestri. Più recentemente, gli astronomi hanno proposto di utilizzare un telescopio come l’Habitable Worlds Observatory per cercare altri tipi di tecnofirme.
Le “impronte digitali” chimiche nelle atmosfere degli esopianeti o caratteristiche specifiche nella luce riflessa da un esopianeta potrebbero annunciare la presenza di vaste riserve di silicio. Quest’ultimo, infatti, è efficace nel convertire la luce emessa dalle stelle simili al Sole in elettricità ed è economicamente vantaggioso estrarlo. I ricercatori hanno quindi presupposto che un’ipotetica civiltà extraterrestre si affiderebbe esclusivamente all’energia solare. Ma se venissero utilizzate altre fonti di energia, come la fusione nucleare, si ridurrebbe la firma tecnologica del silicio, rendendo la civiltà ancora più difficile da individuare.
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