Conoscere la data della propria morte. Un bene o un male? Ecco come cambierebbe l’esistenza di ognuno di noi
In un mondo sempre più avvolto dall’incertezza, l’idea di conoscere la propria data di morte è un concetto che oscilla tra la fascinazione e il terrore. Negli ultimi tempi, questo dibattito ha guadagnato nuova linfa grazie agli sviluppi scientifici e tecnologici che stanno spingendo i limiti della nostra comprensione del destino umano. Ma come cambierebbe la nostra vita, conoscendo la data di morte?
La Danimarca ha recentemente implementato un sistema basato sull’intelligenza artificiale che sarebbe in grado di predire, al netto di imprevisti quali, per esempio, un incidente stradale, la data di morte degli esseri umani, con una precisione che si aggira attorno al 78%.
Secondo l’algoritmo, a essere a rischio sono maggiormente gli uomini. Ma, ammesso che qualcuno voglia sapere un dettaglio così macabro, cosa cambierebbe nella vita di tutti noi se conoscessimo la data della nostra dipartita?
Da una parte, sostenitori di questa prospettiva ritengono che sapere quando si morirà possa permettere alle persone di pianificare meglio la propria vita, prendere decisioni più ponderate e affrontare le sfide con maggiore saggezza. D’altro canto, molti si oppongono vivacemente, sottolineando il rischio di creare ansia e depressione, oltre a mettere a rischio la spontaneità e il senso di meraviglia che caratterizzano la vita stessa.
Al centro di questa controversia ci sono le recenti scoperte nel campo della genetica e della medicina personalizzata. L’avanzamento delle tecniche di sequenziamento del DNA ha aperto la strada a predizioni più accurate sulle malattie ereditarie e la predisposizione a determinate condizioni mediche. Tuttavia, la possibilità di predire esattamente la data di morte è ancora al di là della portata attuale della scienza secondo taluni. Anche se con l’intelligenza artificiale stiamo notando come i limiti vengano spinti sempre più in là, giorno dopo giorno.
Gli esperti etici e filosofici sono divisi su come affrontare questo dilemma. Alcuni ritengono che la ricerca dovrebbe essere incoraggiata, a condizione che venga gestita con responsabilità e accompagnata da rigorosi protocolli etici. Altri sono categoricamente contrari, sottolineando che il fascino della vita risiede nella sua imprevedibilità. Per esempio, sposereste qualcuno che sapete già che avrà una vita breve? Immaginate poi le enormi differenze di prezzo sulle polizze vita e sulle assicurazioni.
In molte culture e religioni, la conoscenza della data di morte è spesso considerata come appartenente al dominio divino e oltre il controllo umano. Questa prospettiva solleva interrogativi profondi sulla natura dell’esistenza e sul ruolo dell’umanità nell’ordine cosmico. E, forse, anche sulla bontà di determinati meccanismi tecnologici che ci spingono forse troppo oltre.
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